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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2014 alle ore 12:01.
L'ultima modifica è del 06 maggio 2014 alle ore 13:57.

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Convinto sostenitore di un'Europa sempre più federale e critico pungente dei partiti populisti ed euroscettici: così si presenta Guy Verhofstadt, ex premier belga, 61 anni, un viso da eterno ragazzo, è il carismatico candidato dei liberali alle elezioni per la presidenza della Commissione europea.

Verhofstadt, fiammingo verace di Gand, («mi sento fiammingo, belga ed europeo ad un tempo») è a Milano al Centro congressi della Fondazione Cariplo per un incontro di Scelta Civica per l'Italia, che insieme a Centro Democratico di Tabacci, Fare per fermare il declino e altri movimenti liberaldemocratici, ha aderito a "Scelta Europea", la lista Alde (Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa) alle prossime elezioni europee del 25 maggio.

Lo presenta al numeroso ed entusiasta pubblico presente, Stefania Giannini, 53 anni, senatrice e titolare dell'Istruzione nel governo Renzi, con un'appassionato intervento europeista ricco di aneddoti personali e raffronti con l'Europa senza frontiere dei giovani d'oggi.

Verhofstadt, se la dovrà vedere a maggio con i candidati popolare, socialista, verde e di sinistra unita, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, il tedesco Martin Schulz, la tedesca, Ska Keller e il greco, Alexis Tsipras. I sondaggi lo danno al terzo posto, ma potrebbe giocare il ruolo di ago della bilancia tra i due pesi massimi, Juncker e Schulz, i due superfavoriti alla vigilia del voto più incerto del Parlamento Ue.

Gli euroscettici sfruttano la crisi economica per minare l'Unione Europea, la sua storia, le sue istituzioni. Qual è la sua risposta?

Per uscire dalla crisi c'è bisogno di più Europa, di un'Europa federalista che superi i timori delle élite nazionaliste e che consenta all'Europa di contare negli equilibri mondiali. È necessario un'altra Europa perché un'Europa basata sul metodo intergovernativo a 28 tra primi ministri e capi di Stato, che normalmente ha bisogno dell'unanimità, è un sistema che non può più funzionare.

Se qualcuno inoltre pensa di tornare alla lira e alle svalutazioni competitive si ricordi anche che a quel punto si perderà potere d'acquisto. Chi pagherà il conto delle svalutazioni? I cittadini, ovviamente. Queste sono le menzogne degli euroscettici.

La crisi dell'eurozona è finita con la recente emissione del bond greco dopo quattro anni di esilio forzato di Atene dai mercati?

Quando la Banca centrale europea ha deciso di lanciare il programma di OMT ha fatto calare gli interessi dei bond sovrani, ma questo non significa affatto che la crisi sia finita. Anzi prevedo un lungo periodo di stagnazione economica simile a quella giapponese con una crescita tra lo zero e il 2%, un incremento non sufficiente a far abbassare la disoccupazione. Per uscire dalla crisi è necessario fare questo salto federale. Di fronte ai cambiamenti climatici o alla crisi finanziaria globale cosa significa mantenere una sovranità nazionale? Non possiamo certo pensare di risolvere nessuno di questi problemi se non a livello europeo.

Qual è la sua agenda per l'Europa? Quali le sue priorità per far ripartire l'Unione?

Occorre puntare su quattro punti programmatici: 1) un'unione bancaria per sbloccare la concessione del credito alle imprese che oggi sono afflitte dal credit crunch; 2) un mercato unitario del mercato dei capitali per cercare di ridurre i tassi di interesse. Così se aumento la liquidità, riduco i tassi perché anche il maggiore mercato nazionale europeo, quello della Germania (mille miliardi di euro), è ancora dieci volte inferiore a quello degli Stati Uniti (diecimila miliardi); 3) un mercato unico dell'energia perché oggi i prezzi europei sono troppo cari rispetto a quelli americani e ridurre l'importazione e la dipendenza dalla Russia dopo la crisi ucraina; 4) incentivare la creazione di un mercato unico dei servizi e del digitale Ue per favorire la creazione di grandi società anche in Europa, come Twitter o Google, una possibilità oggi ostacolata dall'esistenza di 28 mercati diversi. Non usciamo dalla crisi con nuovo debito, ma seguendo le orme di Jacques Delors sviluppando il mercato unico.

La Bce può giocare un ruolo più importante con il Q.e.?

Non si risolvono tutti problemi con la politica monetaria. Temo anzi che se Mario Draghi opera troppo sul fronte monetario cala la pressione sui politici nazionali per fare le riforme. Serve una maggiore integrazione federale per una soluzione strutturale.

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