Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2014 alle ore 14:54.
L'ultima modifica è del 19 maggio 2014 alle ore 16:58.

My24

Qualcuno sulla stampa anglosassone l'ha definita «estrema destra 2.0». È la parte più agguerrita della galassia euroscettica, lo spettro che incombe minaccioso sul voto per il prossimo Parlamento europeo. Al di là delle definizioni d'impatto, tuttavia, si tratta di una realtà frastagliata e composita che difficilmente darà vita a un unico gruppo parlamentare, come dimostrano i crescenti diverbi tra Marine Le Pen e Nigel Farage, leader del Front National e dell'Ukip. Segno che tra i due partiti di maggior peso del fronte euroscettico è iniziata la battaglia per il primato e per accaparrarsi il maggior numero di alleati, perlomeno un numero sufficiente a costituire un gruppo a Strasburgo. La posta in gioco, sia in termini di visibilità che di finanziamenti, non è di poco conto.

Nell'Europarlamento uscente i partiti ascrivibili all'estrema destra o alla destra populista contano 47 deputati, una trentina tra gli iscritti al gruppo Efd (Europa, libertà e democrazia, capeggiato dall'Ukip britannico, con la Lega Nord seconda pattuglia) e i non iscritti. «La mancanza di coesione tra questi partiti - spiega Riccardo Brizzi, docente di Storia contemporanea all'Università di Bologna - e la loro incapacità di formare una coalizione sono stati un grave punto di debolezza».

Di qui l'iniziativa promossa l'anno scorso dal Front National francese e dal Pvv, il Partito della libertà dell'olandese Geert Wilders: formare un'alleanza in grado di costituire un gruppo autonomo all'Europarlamento, ossia - in base alle regole - almeno 25 deputati provenienti da sette diversi Paesi. «Un gruppo parlamentare - sottolinea ancora Brizzi - consentirebbe loro di acquisire un maggior peso politico, di disporre di un tempo di parola proporzionale e dei mezzi economici concessi a tutti i gruppi (per un raggruppamento guidato dal Fn si ipotizzano oltre due milioni di euro di finanziamenti all'anno, ndr). Il che è un obiettivo del tutto a portata, nonostante il rifiuto dell'Ukip di stringere alleanze preventive».

Attorno all'asse franco-olandese sembrano infatti pronti a coalizzarsi l'Fpö austriaco erede di Haider, i fiamminghi del Vlaams Belang, il Partito nazionale slovacco e la Lega Nord. Settimi dovrebbero essere i Democratici svedesi di Jimmie Akesson, che però finora - pur dialogando con il Front National - hanno tenuto un profilo basso per la cattiva fama che accompagna il partito della Le Pen nel Paese scandinavo. L'Ukip resterebbe, numeri permettendo, alla testa dell'altro raggruppamento euroscettico, il già esistente Efd, con il Partito dei finlandesi, il Partito popolare danese e altri movimenti minori.

Arrivare a formare uno o due gruppi autonomi non significherebbe tuttavia aver risolto il problema dell'unità del fronte euroscettico di destra, dove convivono - come teorizza ancora Riccardo Brizzi - partiti di estrema destra "tradizionali" (come il Front National e l'Fpö, «che tuttavia hanno diluito i richiami al passato con venature antiglobaliste e antiliberiste»), l'estrema destra regionalista (Vlaams Belang, Lega Nord) e la destra populista (Ukip, destre scandinave). È dunque «un'unione che suscita una serie di perplessità in nome delle differenze ideologiche».

Ma c'è di più. «È difficile per partiti nazionalisti riunirsi a livello sovranazionale», fa notare Brizzi. «I partiti di estrema destra possiedono ognuno la propria agenda, i loro voti differiscono in molte materie (soprattutti i temi etico-morali) e si sommano solo su questioni specifiche: il no all'integrazione europea, in particolare all'architettura attuale disegnata dal Partito popolare e dal Partito socialista, il rifiuto della globalizzazione e delle sue conseguenze, a partire dall'immigrazione. Un programma politico comune - conclude - è difficile da immaginare, così come un gruppo che assicuri disciplina tra le varie componenti».

Quale sarà dunque l'impatto della galassia euroscettica sul voto e sulle istituzioni europee? Certamente un'avanzata, forse meno imponente in termini numerici di quanto gli allarmi della vigilia lascino presagire, considerando che i 12-13 Stati membri che potrebbero inviare deputati di estrema destra a Strasburgo sono perlopiù Paesi piccoli, con un numero ridotto di seggi. Le ricadute complessive nella vita politica comunitaria potrebbero però non essere trascurabili.

«Se si può escludere - sottolinea ancora Brizzi - che le forze antieuropee acquistino a breve una forza tale da bloccare le istituzioni, all'Europarlamento sarà necessaria una collaborazione tutt'altro che semplice tra i maggiori gruppi, al cui interno non mancano formazioni "eurotiepide", come Forza Italia per il Ppe. Preoccupano inoltre la rapidità della progressione degli euroscettici, la loro progressiva "normalizzazione" (vedi il Front National in Francia), la loro capacità di intercettare meglio di altri il disagio dell'opinione pubblica dei rispettivi Paesi, imponendo i propri temi e le proprie parole d'ordine nell'agenda politica nazionale ed europea. Nel futuro prossimo, dunque, la Ue - esauriti i motivi fondativi, a partire dalla pace - è obbligata a trovare nuovi potenti motori di legittimazione se non vuole finire travolta dal vento dell'antipolitica e del disincanto democratico».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.