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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2014 alle ore 12:03.
Ultima settimana per la corsa al Parlamento europeo, dove per l'Italia ci sono 73 scranni. Per quanto la partita si giochi oltreconfine, avrà tuttavia significative ripercussioni politiche anche nella Penisola. C'è da capire se il premier Renzi riuscirà a incassare, in termini di voti al Pd, il dividendo delle tante riforme annunciate e del bonus di 80 euro mensili ai redditi più bassi.
Si aspetta di vedere quale sarà la performance di Forza Italia con un leader ai servizi sociali, le vicende giudiziarie di alcuni colonnelli (Scajola e Dell'Utri), le defezioni interne e la concorrenza di Ncd. Ci si interroga sul possibile exploit dei grillini, annunciato dai sondaggi ancor più rotondo di quello delle politiche dell'anno scorso.
Tutto questo lo si saprà in un sol giorno, in quelle sedici ore (dalle 7 alle 23) che domenica prossima saranno consacrate al voto. L'elettore si troverà davanti una scheda con al massimo 12 contrassegni (tali sono quelli nella circoscrizione nord-orientale; nelle altre sono 11, tranne che nelle isole dove diventano 8). Dovrà tracciare un segno sul partito prescelto e, all'interno di quella lista, non potrà esprimere più di tre preferenze, scrivendo nome e cognome (o solo il cognome, semprechè non ci siano casi di omonimia) del politico.
E qui sta la prima novità delle europee in chiave nostrana: nel caso si esprimano tre preferenze dello stesso genere (per esempio, solo candidati maschi), la terza sarà annullata durante lo scrutinio. Dunque, sarà possibile indicare tre preferenze valide solo se si sceglierà almeno un candidato di sesso diverso dagli altri due. Se, invece, si deciderà di esprimere solo due preferenze, queste potranno essere dello stesso genere. È la conseguenza della nuova legge (la 65 del 22 aprile 2014), che ha anche introdotto altri vincoli sulla rappresentanza di genere nelle liste per le europee, stabilendo, tra l'altro, che in ciascuna lista i candidati dello stesso sesso non possano essere più della metà e che le prime due posizioni dell'elenco siano riservati a candidati di sesso diverso. Queste ultime novità, però, si applicheranno a partire dalle votazioni del 2019.
Una volta chiusi i seggi, inizieranno subito le operazioni di scrutinio, che si dovranno concludere entro le 12 di lunedì 26. Contemporaneamente – in seggi ad hoc istituiti presso le Corti di appello Roma, Milano, Venezia, Napoli e Palermo – sarà avviato lo scrutinio delle schede degli italiani che hanno votato negli altri Paesi Ue. Si tratta di 1,3 milioni di persone.
Successivamente, una volta chiuso lo spoglio, si passerà all'attribuzione dei 73 seggi europei. Il meccanismo prevede che vengano presi in considerazione solo i candidati delle liste che hanno superato la soglia di sbarramento del 4 per cento. Tetto che, proprio nei giorni scorsi, è stato rinviato dal tribunale di Venezia alla Corte costituzionale. La futura decisione della Consulta non avrà, tuttavia, riflessi sul voto di domenica prossima.
Dopo aver calcolato a livello nazionale il numero di seggi spettanti a ogni lista, si passerà alla loro assegnazione all'interno di ciascuna delle cinque circoscrizioni, sulla base dei candidati che avranno ottenuto più voti.
Il compito di europarlamentare – che garantisce uno stipendio base di 8mila euro lordi al mese, più le indennità – è diventato in questi anni sempre più importante. Nonostante i venti anti–Ue, infatti, la presenza dell'Unione nelle legislazioni dei Paesi membri è cresciuta di peso. Basti considerare – come evidenzia il Dipartimento delle politiche comunitarie di Palazzo Chigi – che dal 2011 a oggi sono state pubblicate sulla «Gazzetta ufficiale» della Ue 268 direttive, molte delle quali recepite dal nostro Paese. Nel dettaglio, la situazione è la seguente: nel 2011 sono state pubblicate 95 direttive e l'Italia ne ha recepite 94; nel 2012, 51 pubblicate e 42 recepite; nel 2013, 67 contro 32; nel 2014 (fino al 12 maggio), 55 contro 18.
Un altro dato, elaborato dall'Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati, fotografa la situazione da una diversa angolazione, quello delle deleghe. Nella XVI legislatura il Parlamento ha conferito al Governo 410 deleghe (di cui 236 "primarie" e 165 integrative o correttive), il 70% delle quali erano attuative di leggi comunitarie. Una percentuale analoga la si raggiunge quando si considerano i decreti legislativi (che sono gli strumenti normativi spesso utilizzati per recepire le direttive): nella legislatura passata sono stati pubblicati in «Gazzetta Ufficiale» 230 Dlgs, 164 dei quali (il 71,3%) per dare attuazione a norme Ue.
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