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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2014 alle ore 13:57.
Non c'è spazio in Spagna per partiti politici che non vogliono l'Europa. E se trova il modo di manifestarsi, lo scetticismo nei confronti dell'Unione prende a Madrid le bandiere della sinistra alternativa, di piccole formazioni che puntano sui temi sociali, sull'ambiente, sullo sviluppo sostenibile. A volte nazionalisti, ma come lo sono i catalani e i baschi, per rivendicare l'autonomia della loro regione da Madrid, non da Bruxelles.
Il bipartitismo e l'assenza di partiti euroscettici
Le due grandi forze che si sono alternate alla guida del Paese negli ultimi trent'anni vedono scendere il consenso, il bipartitismo si sta sfaldando, tanto che nel voto di domenica, secondo gli ultimi sondaggi, il Partito popolare e il Partito socialista sommati dovrebbero scendere al 60%, venti punti percentuali in meno rispetto all'80% ottenuto nelle elezioni europee del 2009, e molto al di sotto anche del 73% raggiunto assieme nelle politiche del 2011. Ad erodere voti al sistema bipartitico dovrebbero essere, secondo le previsioni, soprattutto due: Izquierda Plural (un'alleanza di sigle di sinistra imperniata su Izquierda Unida) data sopra il 10 per cento; e l'UPyD, Union Progreso y Democracia, di Rosa Diez (leader di centro, già socialista, oggi liberale, quasi radicale alla Pannella) che potrebbe avvicinarsi al 7 per cento. Comunque in Spagna l'alternativa politica a popolari e socialisti non è contraria all'Unione europea e nemmeno alla moneta unica. Non è di destra estrema e non è xenofoba, come accade invece in altri Paesi del continente. È più vicina a Tsipras che al Front National di Marine Le Pen. E sembra lontanissima anche dalle posizioni dell'olandese Geert Wilders e dal populismo del M5S italiano.
Dopo il crollo dell'immobiliare e il successivo crack del sistema bancario che hanno costretto il governo di Mariano Rajoy a chiedere gli aiuti all'Europa. Dopo anni di tagli alla spesa, e tasse che - dalle pensioni, alle scuole, agli ospedali - hanno cambiato la vita delle famiglie, la Spagna è uscita dalla recessione e sta cercando di consolidare la timida ripresa degli ultimi trimestri. Ieri il ministro delle Finanze, Luis de Guindos ha ribadito che l'economia iberica nel 2014 crescerà almeno dell'1,2 per cento. E il Partito popolare al governo sta tentando in tutti i modi di mettere in evidenza i risultati raggiunti anche in economia.
La ripresa economica e il voto
Certo, il clima è cambiato. Solo un anno fa - è una rilevazione del Pew Research Centre - il 50% degli spagnoli era pessimista sul miglioramento dell'economia, ora la quota di chi vede nero nel proprio futuro è scesa al 21%, più o meno lo stesso livello espresso dalla Germania. Ma i progressi segnalati dagli indicatori macroeconomici non si sono ancora trasferiti alla vita quotidiana dei cittadini spagnoli. Il tasso di disoccupazione seppure finalmente in calo, resta vicino al 26 per cento. L'anno passato sono aumentai ancora - dell'11% rispetto al 2012, a 50mila in tutto - i pignoramenti di case da parte delle banche che si sono riprese gli immobili di famiglie non più in grado di pagare la rata del mutuo sottoscritto: un segno che nonostante gli aiuti europei e gli interventi legislativi di sostegno, la crisi dei mutui ancora non è passata. «I dati statistici ancora non si sentono nelle strade», dice Manuel Arias Maldonado, politologo dell'Università di Malaga. Ma per gli spagnoli la paura di restare tagliati fuori dall'Europa, di diventare ancora più periferia di quanto non siano oggi, supera le difficoltà economiche della congiuntura e non alimenta sentimenti troppo ostili all'Europa. Mentre le poche manifestazioni di piazza come quella degli indignati del Movimento 15-M che ha rioccupato in questi giorni Puerta del Sol a Madrid, non sembrano avere i numeri e la forza per incidere sull'opinione pubblica, anche qualora riuscissero a definire la loro linea politica. Di certo in Spagna la campagna per eleggere il nuovo Parlamento europeo non ha avuto niente a che fare con l'Europa. «Nessun partito ha affrontato i temi che riguardano l'Europa, le istituzioni di Bruxelles, l'economia e la politica continentale. Il voto di domenica - aggiunge Arias Maldonado - è una prova in vista delle elezioni politiche nazionali del prossimo anno».
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