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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2014 alle ore 08:28.
L'ultima modifica è del 09 giugno 2014 alle ore 14:27.
La decima edizione dei campionati del mondo, la prima dopo l'assegnazione definitiva al Brasile della Coppa Rimet, venne affidata alla Germania Ovest. I padroni di casa godevano dei favori del pronostico insieme ai verdeoro, che difendevano il titolo conquistato in Messico, e all'Italia. Gli azzurri, oltre al titolo di vice campioni del mondo, mettevano in campo una squadra piena di fuoriclasse e reduce da un'ottima annata. Vittorie a raffica nel girone di qualificazione, Brasile sconfitto in amichevole e soprattutto il primo successo in casa degli inglesi, un avversario sempre ostico fino a quel momento.
Le possibili sorprese erano la Polonia, che a sorpresa aveva eliminato nelle qualificazioni proprio l'Inghilterra, e l'Olanda di Cruijff: gli arancioni portavano in nazionale i successi del calcio totale dell'Ajax, che aveva incantato in Europa stravolgendo i criteri tattici tradizionali. Si giocava e si correva, in ogni parte del campo, come mai era stato visto prima di allora. Tutti erano chiamati a ricoprire ogni possibile ruolo in attacco e in difesa, in base allo sviluppo delle azioni.
Per l'Italia, guidata dal Ct Ferruccio Valcareggi, fu un disastro: i giocatori erano forti, è vero, ma erano quasi tutti a fine carriera. Mazzola, Rivera, Riva, Burgnich, Boninsegna, Juliano, Facchetti. Molti di loro erano già presenti al mondiale del 1966, nella partita contro la Corea che ci aveva visto lasciare mestamente il torneo. Ma soprattutto nello spogliatoio c'erano molte divisioni, come alcuni protagonisti rivelarono solo molti anni dopo. Valcareggi era sottoposto a continue pressioni dagli stessi giocatori perché facesse giocare un compagno piuttosto che un altro.
Il risultato si vide, purtroppo, già nella partita d'esordio contro Haiti: una rappresentativa modesta che avrebbe dovuto essere distrutta dai nostri campioni, come successe contro la Polonia che si sbarazzò dei caraibici per sette a zero. L'Italia a fatica portò a casa un 3-1 dopo una partita che ripropose l'incubo della Corea. I nostri attaccanti, Chinaglia e Riva, sbagliarono tutto quello che poterono davanti al portiere, ma non ci fu nulla da fare nemmeno per i tentativi di Facchetti e Mazzola. Capita, nel calcio, proprio come era già capitato nel 1966 contro i coreani. Andati al riposo a reti inviolate, gli azzurri si ritrovarono improvvisamente in svantaggio a inizio ripresa sul gol di Sanon, che interruppe a quota 1.133 minuti l'imbattibiltà di Zoff. Rivera, Benetti e Anastasi rimediarono impendendo una nuova beffa, ma la sostituzione di Anastasi per Chinaglia (con relativo gesto "scortese" di quest'ultimo verso Valcareggi) creò più di una polemica in casa Italia.
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