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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2014 alle ore 09:30.
L'ultima modifica è del 09 giugno 2014 alle ore 14:32.

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La diciannovesima edizione del campionato del mondo fu assegnata al Sudafrica, che nonostante i timori sull'effettiva capacità dello Stato africano di organizzare una manifestazione così complessa, terminò in tempo i lavori per la costruzione degli stadi.

L'Italia campione in carica si presentò con una squadra dove erano prensenti ancora molti, forse troppi, giocatori della spedizione vincente di quattro anni prima. Come era già accaduto per Bearzot nel 1986 il Ct pagava il debito di riconoscenza verso chi l'aveva portato al traguardo più bello, ma così facendo presentava una Nazionale vecchia e poco competitiva.

Il girone iniziale, tuttavia, era di quelli semplicissimi: insieme all'Italia furono sorteggiate Slovacchia, Nuova Zelanda e Paraguay. Avversari di cui gli azzurri avrebbero dovuto comunque fare un sol boccone. L'esordio con i sudamericani fece subito capire che le cose non giravano come avrebbero dovuto: arrivò un affannoso pareggio, ottenuto grazie a un gol di De Rossi e per di più in rimonta dopo lo svantaggio iniziale. In pareggio finì anche tra Slovacchia e Nuova Zelanda, con i neozelandesi che impattarono nei minuti di recupero. La seconda tornata di gare vide gli azzurri pareggiare di nuovo con la Nuova Zelanda, grazie a un rigore trasformato da Iaquinta e anche in questo caso dopo essere andati in svantaggio. La Slovacchia subì invece un secco 2-0 dal Paraguay e sembrava, nell'incontro con l'Italia, una vittima predestinata: finì come peggio non poteva finire. Slovacchia vincente per 3-2 e Italia eliminata dal Mondiale insieme alla Nuova Zelanda. Gli uomini di Lippi non erano mai stati davvero in partita, sotto per 2-0 prima e per 3-1 poi, con l'inutile rete di Quagliarella nel finale. Da questa macerie sarebbe ripartito il lavoro di Cesare Prandelli.

Agli ottavi di finale si incrociarono Uruguay-Corea del Sud, Stati Uniti-Ghana, Olanda-Slovacchia, Brasile-Cile, Argentina-Messico, Germania-Inghilterra, Paraguay-Giappone, Spagna-Portogallo. Gli uruguagi vinsero per 2-1 un partita molto combattuta e risolta solo nel finale, il Ghana fece fuori gli Stati Uniti ai supplementari, l'Olanda superò senza problemi la Slovacchia, con un risultato finale di 2-1 frutto di un rigore slovacco a tempo scaduto. Brasile e Argentina passarono il turno con facili 3-0 e 3-1. La Germania disintegrò l'Inghilterra per 4-1: il risultato fu però condizionato da un clamoroso errore arbitrale di Larrionda che non vide il gol del 2-2 messo a segno da Lampard. Il Paraguay passò il turno ai rigori eliminando il Giappone e la Spagna, campione d'Europa in carica e piena zeppa di campioni che dominavano a livello di club, senza far fatica superò il Portogallo per 1-0.

Nei quarti i due incroci più interessanti furono Germania-Argentina, al quarto scontro in un Mondiale dal 1986, e Olanda-Brasile. Il primo incontro, di solito concluso con sfide molto equilibrate, vide invece la Germania distruggere gli avversari per 4-0. L'Olanda passò con una doppietta di Sneijder che ribaltò l'iniziale vantaggio di Robinho rimandando a casa i verdeoro. Gli altri due quarti di finale furono meno affascinanti: l'Uruguay faticò a sbarazzarsi del Ghana, riuscendoci solo dopo i calci di rigore, gli attacchi della Spagna si infransero a lungo sulla difesa del Paraguay, superata soltanto a pochi minuti dalla fine grazie a un gol di Villa.

L'Uruguay si risvegliò però in semifinale, dove impegnò strenuamente un'Olanda vincitrice per 3-2, mentre la partita tra Spagna e Germania sembrò una ripetizione del quarto di finale tra gli spagnoli e il Paraguay. I tedeschi, che fino a quel punto avevano mostrato un ottimo gioco di attacco, furono costretti in difesa per tutto il match e subirono il gol decisivo al 73esimo da Puyol. La Spagna era in finale per la prima volta, l'Olanda ci tornava per la terza dopo le due sconfitte contro Germania e Argentina ai tempi del «calcio totale».

La gara per il titolo non fu bella: la caratteristica saliente per tutti i 120 minuti di gioco fu quella del gioco duro che costrinse l'arbitro Webb, un inglese di solito abituato a lasciar correre, a estrarre otto cartellini gialli. Cinque contro gli olandesi, i veri colpevoli della corrida, che avevano abbandonato il bel gioco trasformando la finale in una caccia all'uomo. In questa penuria di piacevolezze calcistiche arrivò, a quattro minuti dal termine del secondo supplementare, il gol di Iniesta. La Spagna poteva festeggiare, dopo il titolo Europeo del 2008, il primo mondiale della sua storia. Avrebbe poi rivinto l'Europeo del 2012, battendo l'Italia di Prandelli, ottenendo un triplete mai riuscito a nessuno in precedenza.

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