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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2014 alle ore 10:28.
L'ultima modifica è del 21 giugno 2014 alle ore 10:57.

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E adesso prendiamo fiato, facciamo un bel respiro profondo e contiamo fino a dieci. Poi parliamo: con calma e possibilmente attaccando il cervello prima di muovere la lingua. Non eravamo fenomeni dopo aver battuto l'Inghilterra, non siamo somari dopo aver perso con la Costa Rica. E sottolineo "eravamo" e "siamo", perché quando gioca la Nazionale di fatto scendiamo tutti in campo. Il giochino del «noi abbiamo vinto» e «loro hanno perso» non mi appassiona.

La realtà è che l'Italia ha due risultati su tre per passare il turno: scrivere oggi che "dovremo" almeno pareggiare è una visione da bicchiere mezzo vuoto. Più giusto sarebbe dire che "basterà" un pareggio. A dover vincere, per forza, è l'Uruguay: che contro la Costa Rica ne ha presi tre. In ogni mondiale che si rispetti bisogna affrontare un momento difficile, meglio se capita quando c'è tempo per rimediare: nelle partite a eliminazione diretta il pareggio non basta, al massimo ti trascina ai rigori.

Nel giochino dei possibili incroci vediamo che il teorico secondo posto nel girone ci proietterebbe ai quarti contro il formidabile Brasile: e incominciano tra i commentatori gli inviti ai suicidi di massa, facendo finta di non sapere che passando per primi (cosa teoricamente ancora possibile) ai quarti ci sarebbe probabilmente la formidabile Olanda. Ci sentiremmo meglio? La verità è che se vuoi vincere un Mondiale prima o poi, qualcuno di davvero forte, lo devi pure affrontare: un percorso in discesa come nel 2006, con la prima partita vera in semifinale con la Germania, è solo l'eccezione che conferma la regola.

Ragionando con calma confesso di aver visto più o meno la stessa Italia che aveva giocato contro l'Inghilterra. Anche in quell'occasione, sperando che qualcuno abbia buona memoria, avevamo ricevuto i fischi del pubblico per i troppi passaggi inutili e le poche verticalizzazioni. Le differenze rispetto a quella partita sono state poche ma sostanziali: la Costa Rica correva, l'Inghilterra no e questo ci ha messi in difficoltà. Con gli inglesi abbiamo ottenuto il massimo dalle pochissime occasioni create: due gol, un palo, una traversa e un quasi gol di Balotelli con salvataggio sulla linea a portiere battuto. Altre occasioni vere? Zero. Ieri sera Balotelli avrebbe potuto segnare almeno due gol, uno facilissimo scavalcando il portiere: ha sbagliato. L'avesse messa dentro oggi staremmo di nuovo inneggiando ai campioni in maglia azzurra. La partitaccia sarebbe stata dipinta come una partitona. La vergogna sarebbe stata trasformata in orgoglio.

Dopo la prima partita avevo scritto: «a questi ritmi l'Italia farà strada». Purtroppo i ritmi ieri si sono alzati. La mia sensazione, per la modesta esperienza personale fatta con anni di preparazione atletica con squadre giovanili, è che i nostri giocatori siano ancora imballati: che la Nazionale, come era già successo in altre spedizioni, entrerà in forma più avanti, dopo il girone. Una preparazione che ci aveva portati al successo nel 1982 e nel 2006. Non è detto che funzioni ancora, ma ha un senso: correre per tutto il mondiale non è difficile, è impossibile. Al momento bisogna accontentarsi: creiamo pochissimo ed è fondamentale sfruttare al massimo ogni occasione. Non si può sprecare nulla. Più avanti, se andremo avanti, le cose potranno cambiare.

Non eravamo fenomeni e non siamo diventati somari. Buffon ha mancato una partita dopo averne regalate decine di straordinarie: sulle uscite abbiamo rimpianto Sirigu, sul gol era fuori posizione e si è lasciato scavalcare dal pallone. Ma quante volte abbiamo dovuto dirgli grazie? Chiellini era apparso in difficoltà facendo il terzino contro l'Inghilterra: riportato nel suo ruolo ha fatto anche peggio sbagliando moltissimo, passaggi al portiere inclusi. Ma se gioca in Nazionale qualche merito gli va pure riconosciuto, non è che alle sue spalle premano Tarcisio Burgnich e Paolo Maldini.

Aspettiamo con serenità la partita con l'Uruguay, consapevoli del fatto che i sudamericani sono messi peggio di noi. Siamo dei fenomeni quando dobbiamo creare degli spauracchi: Suarez inizia già ad essere dipinto come un misto tra Pelè, Maradona e il Cristo degli Abissi. È un campione, un grande attaccante. Eppure l'Uruguay dalla Costa Rica ha preso tre gol. Restiamo con i piedi per terra: la strada potrebbe essere ancora lunga.

Solo in caso di sconfitta potremo metterci a piangere: non dicendo «sono usciti», ma «siamo usciti». Proprio come diremmo «li abbiamo battuti» in caso di successo, salendo sul carro dei vincitori a costo di aggrapparci alle ruote in movimento.

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