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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2014 alle ore 16:04.
L'ultima modifica è del 26 giugno 2014 alle ore 17:26.
ITACUCUCA (BRASILE) - Facce scure, musi lunghi,nessuna o scarsissima voglia di parlare. Mentre qui, a Rio e dintorni, non si fa altro che parlare di Dracula (o Hannibal, fate voi…) Suarez, l'Italietta (ex)prandelliana sbarca alla chetichella tra Roma e Milano, col suo moro centravanti di platino ossigenato (ovvio, Supermario, chi altri?) e forte di aver trovato un nuovo condottiero che la traghetterà verso un luminoso futuro.
Non certo, e non di già, il nuovo citti, o il nuovo presidente federale: per questi, i tempi di gestazione sono giocoforza più lunghi, anche se al tempo stesso dovranno essere rapidissimi (a inizio settembre a Oslo c'aspetta la Norvegia per le qualificazioni a Francia 2016…). Ma eccolo già trovato, il nuovo leader del centrocampo: Andrea Pirlo. Ma come proprio quel Pirlo campione nel 2006, vinci tutto col Milan, giubilato con troppa fretta da allegri (forse il prossimo citti…) e dal Diavolo, risorto in maglia juventina e osannato a ogni tocco di pallone in tutti gli stadi del nostro misero Mundial? Si, proprio lui. Che ha 35 anni aveva preannunciato, a fine Coppa, l'addio all' azzurro, ha fatto il discorso d'addio nello spogliatoio dopo l'inzuccata di Godin a Natal,ma che già c'ha ripensato:"Per ora lascio,ma se il nuovo cittì' (pure se fosse Allegri? Mah...) mi volesse, tornerei volentieri", il pensiero espresso da Andrea a 11mila metri sull'Oceano Atlantico".
«Non so se questa Italia può prescindere da Balotelli, certo non può fare a meno di Pirlo», il pensiero quasi contemporaneamente espresso da Demetrio Albertini, capo-delegazione azzurro, vicepresidente federale e magari prossimo numero uno in Via Allegri. Pensiero da interpretarsi così: Balotelli ce lo dovremmo forse tenere perché molto di meglio in giro non c'è, Andrea è un campione e un leader assoluto che per trovarne un altro ci vorranno altri vent'anni. Ragionamento legittimo, e legittimato dai numeri che Pirlo sciorinare in carriera. Ma certo dopo il tonfo brasileiro ripartire da un fenomeno 35enne (che pure giocherà almeno altri due anni tenendo in mano la regia della squadra che domina in Italia da tre stagioni consecutive, cioè da quando lui è arrivato a Torino…) non è certo un grande segnale di speranza per il futuro del nostro calcio. Poi certo,pensi alle parole di Andrea e sorridi: «Se mi chiamano in Nazionale io voglio giocare, perché se vengo e poi non gioco, m'incazzo…»: l'avessimo vista il molti dei suoi compagni in campo l'altro giorno a Natal, la stessa voglia di vincere, magari a questo punto staremmo ancora sognando il Maracanà, invece di esser prossimi al check out dall' alberghetto ospitale della Costa Verde in cui abbiamo invano sognato magiche notti mondiali…
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