Il Gran Sasso è una vecchia conoscenza del Giro d’Italia e talvolta, nella prima settimana della corsa rosa, ha contribuito
a stabilire le prime gerarchie tra i big della classifica generale. Così avvenne anche nel 1975, nella terza tappa (lunga 175 km) da Ancona ai Prati di Tivo, località sciistica posta a 1.450 metri di altitudine, in cima a una salita impegnativa che inizia poco dopo la diga Enel
Green Power di Piaganini.
Il Giro del 1975 aveva una particolarità: era stato disegnato per favorire lo scalatore Gianbattista Baronchelli, che l’anno prima - all’esordio tra i professionisti -per pochi secondi (12 per l’esattezza) non aveva battuto un certo Eddy
Merckx. Invece Baronchelli deluse le attese mentre il Cannibale non si presentò per un attacco influenzale dell’ultima ora.
Spazio dunque a nomi nuovi, come quello di Giovanni Battaglin che conquistò i Prati di Tivo con una micidiale accelerazione nel finale imponendosi davanti allo spagnolo Francisco Galdos e conquistando anche la maglia rosa; a oltre 2 minuti arrivarono Felice Gimondi, Baronchelli e un certo Fausto Bertoglio. Battaglin avrebbe poi perso il primato in classifica per riprenderselo alla 13esima tappa, una cronometro individuale di
38 km a Forte dei Marmi, e per crollare infine il giorno successivo nella cronoscalata del Ciocco con Bertoglio vincitore della frazione e nuova maglia rosa.
Bertoglio, anti eroe per eccellenza, difese la leadership in classifica con determinazione e astuzia fino all’ultima tappa
dove realizzò il suo capolavoro e respinse – tra due muraglioni di neve – i ripetuti attacchi dello spagnolo Galdos sui 48
tornanti dello Stelvio, conservando un vantaggio in classifica di 41 secondi. Battaglin, dal canto suo, si rifece sei anni dopo: il 1981 fu il suo
anno d’oro perché vinse sia il Giro d’Italia sia la Vuelta Espana.
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