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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 10:23.

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«Non puoi avere 500 milioni di amici senza farti nemmeno un nemico» è il cupo, minaccioso e apocalittico slogan di lancio di The Social Network, l'attesissimo film su Facebook che sarà presentato in anteprima a New York il 24 settembre e che uscirà nelle sale italiane a novembre. Scritto da Aaron Sorkin, il genio delle serie tv West Wing e Studio 60 che ha adattato per l'occasione il libro Accidental Billionaires: The Founding of Facebook, A Tale of Sex, Money, Genius, and Betrayal di Ben Mezrich, il film è diretto da David Fincher, il più dark dei registi americani (Seven, Fight Club, Zodiac, Panic Room, Benjamin Button).

The Social Network è la storia dei fondatori del più fortunato social network del mondo, la versione romanzata della straordinaria invenzione di Mark Zuckerberg, Eduardo Saverin e Sean Parker. La Columbia Pictures, divisione cinematografica della Sony, ieri ha diffuso le prime immagini del film con un trailer di 2 minuti e 27 secondi che ha subito fatto il giro della rete.

Stando alle prime scene, alle atmosfere tetragone e alle musiche scelte per accompagnarle, l'epopea di Facebook non è raccontata come una classica favola hollywoodiana. Mark Zuckerberger e la sua felpa con cappuccio non sono gli eroi positivi, ha scritto sul suo blog la guru tecnologica del Wall Street Journal, Kara Swisher. Il film sembra costruito piuttosto come una storia parallela del disagio personale e sociale che la nuova creatura tecnologica ha creato sia al suo ideatore sia ai 500 milioni di amici.

Il trailer si apre con le immagini più note agli utenti di Facebook: i profili, le bacheche, le info. E poi gli album fotografici da cui sono tratte immagini tristi, angoscianti, in bianco e nero, assieme ai commenti non proprio gioiosi («giornata di schifo») e agli emoticon tardo-adolescenziali. C'è una venatura spettrale nella scelta cinematografica di alternare, perlomeno sul trailer, le istantanee di Facebook con le facce spiritate dei ventenni che lo hanno inventato.

Un'angoscia resa ancora più drammatica dalla musica dei Radiohead, il gruppo di Oxford scelto dagli autori perché è il più autentico interprete delle ansie sociali, delle ossessioni personali, delle insoddisfazioni politiche di una generazione instabile, precaria e sopraffatta dalle nuove tecnologie.
La canzone del trailer è Creep. Significa «viscido». È stata riarrangiata da un coro di sessanta bambine belghe che cantano il manifesto dell'alienazione, il peana all'inadeguatezza sociale: «Sono viscido, sono matto, che diavolo ci faccio qui?, qui non ci sto bene». Nonostante i 500 milioni di amici.

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