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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2010 alle ore 21:22.
Il Sole 24 Ore racconta i dieci innovatori del decennio.
Arriva da Ivrea una scheda elettronica già entrata nella cassetta degli attrezzi di designer, ingegneri architetti, appassionati di tecnologia. È Arduino, un microcontroller costruito dal team di Massimo Banzi, ex docente alla scuola di Interaction design della città piemontese: a partire dal 2005 è diventato una piattaforma per la protipazione di sistemi interattivi adatti a installazioni artistiche, dispositivi musicali, apparecchi domestici. Ha richiamato l'interesse anche di multinazionali: Microsoft Research, per esempio, ha utilizzato la scheda elettronica in un esperimento per ridurre le vibrazioni duranti gli scatti fotografici con gli smartphone.
Ed è entrato nei laboratori di Apple, Hitachi, Panasonic, Asus. Chiunque può scaricare i progetti tecnici di Arduino da internet, imparare il linguaggio di programmazione per gestirlo e divertirsi in test come in laboratorio con i mattoncini lego. È il successo dell'open source hardware: i documenti vengono condivisi online e le community di appassionati mettono alla prova le idee. È un processo che ha facilitato la nascita di start-up per l'elettronica fai da te, come la cinese Seeed Studio Bazaar e Sparkfun, un'azienda che ha raggiunto un fatturato di dieci milioni di dollari con la vendita di componenti per il bricolage di hardware.
Le applicazioni si moltiplicano anche nei paesi in via di sviluppo, dove emergono iniziative per costruire strumenti scientifici a basso costo da utilizzare per misurazioni in laboratorio: in America Latina, ad esempio, è diventato il cuore di un esperimento per assemblare una sonda ph. Il successo della piattaforma di open source hardware ha cambiato la vita di Massimo Banzi negli ultimi anni: "Adesso viaggio spesso nel mondo, ma Arduino non mi ha arricchito da un punto di vista economico. Per l'anno prossimo, però, vogliamo che sia anche un progetto sostenibile, come l'indotto che ha generato a valle", osserva l'ingegnere piemontese. Sono in cantiere alcune proposte: la scheda elettronica di Ivrea è già utilizzata per la didattica dei corsi di master e durante le lezioni universitarie, ma potrebbe entrare nei programmi educativi delle scuole secondarie. Oppure, il microcontroller sarebbe un punto di partenza per lanciare un servizio web diretto alle community di appassionati.
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