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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2011 alle ore 06:51.

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IN «GALASSIA GUTENBERG» (1962) Marshall McLuhan ANALIZZAVA IL RAPPORTO TRA UOMO E MEDIUM
Pensavo di comprare finalmente un iPad, soprattutto per i miei figli. Giro la questione a Nicholas Carr? «Certo! Se sei interessato a far felice tuo figlio allora un iPad è un gran bel regalo». Beh, immagino li possa stimolare, rendere creativi. Non è così? «In realtà credo sia un pericolo. I bambini devono imparare a stare concentrati più a lungo possibile, soli con i loro pensieri».
Apocalittico forse non è azzeccato, ma a Carr l'aggettivo non starebbe poi così male. Con un celebre e stra-discusso articolo uscito nel luglio del 2008 su «The Atlantic» il saggista del Colorado si chiedeva se per caso Google (usato come parte per il tutto) stesse in qualche modo cambiando (leggi peggiorando) il nostro cervello e tutto quello che ci permette di fare. Adesso arriva in Italia il volume nato da quell'idea, Internet ci rende stupidi? (Raffaello Cortina, 2011). «Internet sta amplificando alcune abilità, per esempio a lavorare in multitasking continuamente», esordisce Carr. Un'abilità che il nostro cervello acquisisce frequentando ambienti digitali e di rete, e che fino a qualche anno fa non avevamo così sviluppata. Può sembrare un bene, ma di fatto cancella altre skill tipiche dell'essere umano. Per esempio «ci sta scoraggiando a usare altre abilità mentali che sono state molto importanti per la nostra evoluzione intellettuale».
L'eroe della prima parte del libro di Carr è l'ormai un po' dimenticato Marshall McLuhan. «Internet e i nuovi device – nota, quasi glossando La galassia Gutenberg – influenzano l'uomo e il suo cervello. L'abbiamo visto per l'alfabeto, la stampa, e anche per l'orologio e le mappe». Tuttavia, se l'orologio ha organizzato il tempo e la cartina geografica lo spazio, ora il web sembra stia peggiorando le cose.
Cosa perdiamo con internet? «La capacità di concentrazione – risponde Carr –, di seguire un discorso lungo, l'introspezione, leggere con attenzione un testo, semplicemente riflettere». Internet ha l'effetto opposto di quello che fa una pagina di un libro. Carr batte ancora su questo tasto: «La pagina scritta aiuta a non dar retta al rumore di fondo e impone di selezionare gli stimoli, mentre la rete funziona sulla distrazione continua: messaggiare, postare, commentare, ascoltare musica, vedere un video su Youtube. La lettura ci ha insegnato a filtrare a lasciare passare le distrazioni, i rumori». Insomma l'alfabeto ha creato lo sfondo e il primo piano per la nostra attenzione. «Non perdiamolo con il web», chiosa Carr.
Il libro di Carr è sullo stesso scaffale, quello dei traditori della rete, di Tu non sei un gadget di Jaron Lanier «Io e Lanier – spiega – veniamo fuori da un mondo ultra-tecnologico, abbiamo usato aggeggi di ogni genere, software e computer ogni giorno, ed entrambi abbiamo sfruttato i benefici di tutto questo. Ma adesso siamo d'accordo sulle conseguenze negative, abbiamo approcci diversi, ma è giunto il momento di riconsiderare internet e i suoi effetti sulle persone».
A proposito di gadget, non crede che Kindle e gli altri device possano incrementare il numero dei lettori e quindi avere gli effetti positivi che lei rimpiange? «Certo, Kindle replica bene l'esperienza della lettura e oggi non si utilizza per navigare in rete. Ma se si pensa a come questi device possono evolvere si nota che la tendenza è quella di aggiungere sempre più caratteristiche: condividere su Facebook, rendere ipertestuali pezzi di libro e così via. Ecco, la mia paura è che Amazon, Apple, Sony, Microsoft competano sugli e-reader aggiungendo sempre qualcosa di nuovo, ossia qualcosa che aumenta le distrazioni. Temo che la direzione sia questa». Bambini, dunque, niente iPad per ora, se ci fidiamo del guru anti-web. Strano destino per chi, cresciuto con la tv, pensava che la "cattiva maestra" fosse il fondo.
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