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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2011 alle ore 06:55.

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Dan Pink CONIÒ L'ESPRESSIONE «FREE AGENT NATION» PER DESCRIVERE IL FENOMENO Annoiati dai manifesti aziendali, insofferenti ai regolamenti interni, esasperati da un cartellino da timbrare con regolarità. Poi d'improvviso l'intuizione che la rete possa rappresentare una chiave vincente e contribuire a individuare una exit strategy alla routine d'ufficio.
Così si sono confessati i wwworkers, l'esercito dei nuovi lavoratori della rete, espressione dell'autoimprenditorialità made in Italy. Sul digitale hanno scommesso. E in molti hanno vinto.
L'identikit è variegato, ma il profilo scansiona i lavoratori (e soprattutto le lavoratrici) che hanno mollato il posto fisso e hanno deciso di mettersi in proprio, trasformando la passione di una vita in una professione e adottando gli strumenti digitali per realizzarla.
Wwworkers immortala una sintesi tra rete (www) e lavoratori (workers): quando ho coniato questo termine, nel gennaio 2010, non credevo di intercettare una comunità così numerosa e trasversale.
In poco più di un anno su wwworkers.it ho raccolto quasi duemila testimonianze. Oggi il fenomeno – raccontato prima su Nòva e poi su Radio24 da Luca Tremolada – è divenuto un libro, «Wwworkers, i nuovi lavoratori della rete», edito da Gruppo 24 Ore.
Appassionati, visionari, intraprendenti, orgogliosamente fantasiosi: attualmente sono 212 le professioni censite. Wwworkers soprattutto al femminile: oltre il 60% è donna e spesso mamma. Non necessariamente nativi digitali: il 42% è over 50.
Chi fa questa scelta aumenta le ore di lavoro: la media è di 10 al giorno, con picchi di 12. Ma in realtà ricalibra il proprio orologio biologico, mettendo in atto un coerente worklife balance, bilanciamento tra attività professionale e vita personale. I guadagni mensili sono molto vari, la forbice però è compresa tra i 1.500 e i 3mila euro al mese.
Così il 2010 ha segnato la moltiplicazione di questo fenomeno, apparso timidamente e incubato nel sottobosco della crisi economica. Sul web i wwworkers si rafforzano, si confrontano, fanno squadra. Perché in fondo l'importante non è essere in rete ma fare rete. L'istantanea coglie un trend che ha ribaltato gli stereotipi della italica predisposizione al posto fisso. In fondo siamo un popolo di wwworkers senza saperlo. Nella mappa europea siamo in testa per lavoro autonomo: il "popolo delle partite Iva" è il 26,1%, ci precede soltanto la Grecia col 35,7 per cento.
Il paradosso per i wwworkers all'italiana è che non ci sono i fondi di investimento americani: ai consigli di amministrazione si opta per il tinello di casa e a soci e compagni di cordate si preferiscono amici e parenti. Una famiglia allargata che investe e scommette sulle nuove tecnologie (e in fondo su se stessa).
Così in un'Italia ingessata da caste e parentopoli, i wwworkers dipingono una nuova idea del lavoro. Nonostante le inadempienze infrastrutturali (come il digital divide). Nonostante i ritardi culturali (solo un italiano su due è online). Nonostante un ecommerce che fatica a imporsi o un telelavoro senza politiche di incentivo. Ecco, nonostante tutto, i wwworkers ingrossano le fila, osano e talvolta si arricchiscono. È così che la rete ci salverà?

giampaolo.colletti@altratv.tv
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www.wwworkers.it
Identikit dei nuovi lavoratori della rete
I dieci passi

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