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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2011 alle ore 06:52.

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Novità all'orizzonte nel mondo della genomica: passati gli anni del metodo Sanger e sperimentati gli strumenti next-generation, cominciano a farsi strada macchinari di terza generazione. Nonostante le apparenze, l'argomento in questione non è cosa per pochi. Il sequenziamento dei genomi (ovvero il processo che permette di decodificare l'alfabeto degli esseri viventi) ha infatti, accanto al valore scientifico, profonde implicazioni sociali: un esempio per tutti riguarda la medicina personalizzata, ovvero adattata al profilo genetico di ciascuno, che quest'operazione potrebbe far divenire realtà.
La storia degli studi in questo settore è piuttosto recente. Una prima tappa fondamentale venne registrata nel 1977 quando il chimico britannico Frederick Sanger sequenziò il primo genoma. Tale risultato pose le basi per concepire lo Human Genome Project (Hgp), il progetto di ricerca che giunse a scoperte celebri come quella riguardante l'infondatezza delle teorie razziali: il sequenziamento del genoma umano dimostrò che tutte le razze umane sono uguali al 99.99% (dato che ha portato a ipotizzare la discendenza da un'unica madre).
«Dopo il metodo Sanger, ormai obsoleto – spiega Silvio Salvi, ricercatore presso l'Università di Bologna – sono comparsi sul mercato i macchinari cosiddetti next-generation, tuttora in uso. Sono strumenti prodotti da tre grandi industrie – Illumina, Applied Biosystems e Roche, con la subsidiaria 454 – che detengono una sorta di monopolio mondiale». Il metodo utilizzato è simile a livello teorico – consiste nella riduzione del genoma in pezzettini, nel suo sequenziamento e infine nella sua ricomposizione al computer –, ma diverso dal punto di vista pratico, perché le strategie biochimiche utilizzate sono differenti: un produttore crea frammenti lunghi (a titolo di esempio) 1000 basi, il secondo 300 basi, il terzo 100 basi. «All'accademia è affidato il compito di fare il merging di tutti i dati. Questo sistema richiede grandi risorse informatiche, perché produce un'enorme mole di dati – continua Salvi –. Ma nel prossimo futuro le cose cambieranno. I metodi next-next generation o third-generation – non c'è ancora un modo univoco per definirli – non ancora commercialmente diffusi ma in arrivo, affrontano il sequenziamento di singole molecole molto lunghe senza bisogno di frammentazioni. Questo porta a notevoli riduzioni di costo e alla semplificazione delle richieste bioinformatiche». Tra le più promettenti, le proposte della Pacific bioscience (http://www.pacificbiosciences.com).
Le accresciute capacità tecnologica rendono più vicini gli obiettivi di programmi come "1000 Genome Project", un altro progetto internazionale che ha come scopo la catalogazione delle varianti genetiche umane, ovvero delle piccole specificità che fanno di ognuno di noi un individuo unico, diverso da tutti gli altri. L'obiettivo in questo caso è la comprensione del ruolo delle caratteristiche ereditate con il Dna nella storia dell'umanità, nell'evoluzione e in molte malattie.
La fase pilota dei "1000 genomi", iniziata nel 2008 e conclusa da poco, è consistita nel sequenziamento di 179 genomi appartenenti a individui di quattro popolazioni diverse (Africa occidentale, Europa, Cina e Giappone), nel sequenziamento dei segmenti di Dna che codifica alcune proteine in altri 697 individui, e nell'analisi a un alto livello di accuratezza dei genomi di due famiglie di tre individui ciascuna (genitori e un figlio). Nell'ultimo caso, lo scopo era la scoperta del numero di mutazioni che si verificano nel Dna nel passaggio tra due generazioni.
Dai primi dati – pubblicati con licenza Creative commons per usi non commerciali – emerge che ogni persona è portatrice di circa 250-300 mutazioni che inibiscono la funzione del gene nel quale la mutazione stessa avviene. L'obiettivo finale dello studio, i cui risultati sono attesi entro a fine del 2011, è il disegno della prima mappa completa dei geni collegati alle malattie, rare e meno rare, che affliggono il genere umano.
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