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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2011 alle ore 06:49.

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Venerdì scorso, Sergey Aleynikov è stato condannato a 97 mesi di carcere. L'uomo, con doppio passaporto americano e russo, aveva rubato qualcosa di immateriale, eppure capace di produrre profitti per milioni di dollari all'anno: 32 megabyte di codice di proprietà della Goldman Sachs, dove Aleynikov aveva lavorato fino al 2009. In poche parole, porzioni di un software che la banca d'investimento aveva sviluppato in casa propria per cavalcare sull'ultima prateria dei mercati finanziari: la chiamano Hft, o high frequency trading.
Un tempo ormai lontano, quando i mercati non erano stati ancora travolti dalla rivoluzione elettronica e andavano avanti a forza di grida, gli operatori potevano usare la tecnologia a disposizione – il telefono – per scoprire differenze di prezzo fra una Borsa e un'altra: poi compravano in una, rivendevano nell'altra e guadagnavano il margine di differenza per una questione di minuti. Quando i mercati sono diventati elettronici, sono spuntati i primi algoritmi per automatizzare lo stesso processo in una questione di secondi. Con l'Hft, è diventata una questione di pochi nanosecondi, miliardesimi di secondo.
Se volete, è per questo che l'industria finanziaria accoglie fra i propri ranghi crescenti schiere di matematici, fisici, scienziati dell'informazione e perfino biologi. Gli algoritmi e il codice informatico sono diventati la frontiera di un nuovo decision making, automatizzato e in tempo reale.
Banche, hedge fund, fondi pensione, investitori istituzionali, non possono più fare a meno del l'intelligenza dei microprocessori né, tantomeno, dell'analisi fulminea operata da qualche milione di righe di codice informatico. Basti dire che, negli ultimi cinque anni, il numero delle operazioni sul mercato azionario americano è cresciuto del 662 per cento. Non si è moltiplicato il numero dei trader umani: è tutta opera del robo-trading, il trading robotizzato. La velocità è sempre stata una virtù fondamentale, sui mercati. Oggi più che mai.
Fra le molte strategie adottate per il trading automatico, c'è il genetic programming. In poche parole, si usano i principi della biologia dell'evoluzione per implementare un software capace di adattarsi e di "mutare" in risposta all'ambiente. Oppure le reti neuronali artificiali, composte da programmi che mimano le proprietà dei veri neuroni e chiamate a risolvere un bel problema di intelligenza artificiale: come fare ancor più soldi e ancor più velocemente?
Ovviamente, l'algo trading, o black-box trading che dir si voglia, è finito sul banco degli imputati anche prima di Aleynikov. Il 6 maggio scorso, nel bel mezzo della crisi greca, l'indice Dow Jones ha perso il 9% in pochi minuti, salvo riprendersi pochi minuti dopo: un evento consegnato alla storia di Wall Street come il Flash Crash.
Un solo colpevole, in verità, non è stato trovato. Ma la Sec, l'autorità di Borsa americana, ha comunque detto che l'Hft aveva contribuito a spingere l'indice verso il basso, in quei pochi, folli minuti. Dove qualche migliaio di macchine ha sparato una mitragliata di operazioni in frazioni di secondo. Con la peculiarità dell'Hft: le operazioni sono di piccolo taglio.
«L'high frequency trading non impatta sul prezzo di un titolo nel corso di una giornata, perché più alta è la frequenza delle operazioni, più basso l'impatto sul prezzo», argomenta Manoj Narang, il fondatore di Tradeworx, una società di tecnologia finanziaria che è diventata anche un hedge fund. Volendo, è un po' quel che rispondono gli speculatori professionisti: noi aumentiamo la liquidità sul mercato – ovvero la probabilità di trovare un acquirente o un compratore – e quindi lo rendiamo più efficiente. Ma c'è anche di più.
La storia che l'Hft è una specie di arma di distruzione finanziaria di massa «ha un che di grottesco», difende Irene Aldridge, trader ad alta frequenza e autrice del libro «High frequency trading: A guide to algorithmic strategies». «Il controllo del rischio in tempo reale gestito dai sistemi Hft – dice – aiuta a identificare minacce alla stabilità finanziaria con ore di anticipo rispetto ai sistemi tradizionali. Il che, aiuta a prevenire, non a causare, le crisi finanziarie».
I big del trading automatico si chiamano Getco, Infinium, Drw e Citadel e sono entrati nel mondo della finanza a pieno diritto. Ma anche i player tradizionali sono in prima linea, come la Goldman Sachs oggetto di quel furto misterioso (i file sono stati spediti da Aleynikov in un server in Germania, ma sono spariti). Tutti gli altri, non possono permettersi di rimanere indietro.
«Solo per entrare in questo business – dice Ben Van Vliet dell'Illinois Institute of Technology – devi investire almeno 10 milioni di dollari in tecnologia. Per competere devi avere i migliori trader, i migliori ingegneri e i migliori algoritmi».
Sono gli algoritmi, la nuova ricchezza.
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