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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2011 alle ore 06:40.

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MILANO - Una sentenza italiana, senza precedenti al mondo, rafforza l'idea che i motori di ricerca devono collaborare contro la pirateria web. La nona sezione del Tribunale di Roma ha infatti obbligato Yahoo! a offrire, nei risultati della ricerca, solo i siti ufficiali correlati al film iraniano About Elly.
Tutto è nato da una diffida a Yahoo! da parte di Pfa, l'azienda che distribuisce il film in Italia. Aveva notato infatti che, se si cercavano le parole "About Elly" su quel motore di ricerca, apparivano soprattutto link a siti che consentivano di scaricarlo o vederlo gratis, illegalmente.


Pfa ha chiesto quindi di eliminarli dai risultati della ricerca; ma senza esito. A questo punto è entrata in campo Open Gate, società che si occupa di questo tipo di controversie sul diritto d'autore e ha portato avanti la causa in rappresentanza di Pfa. Il giudice ha stabilito che Yahoo! è responsabile di "contributory infringement" (cioè facilitazione di violazione del copyright) se non rimuove i link a siti pirata una volta che viene messo al corrente della loro presenza. Nota bene, il Tribunale non ha affermato che il motore di ricerca sia responsabile a priori dei siti indicizzati. Ma lo diventa solo nell'istante in cui gli vengono segnalati siti illegali, tra i suoi risultati.


Il principio che si afferma è quindi il seguente: il motore non è tenuto a fare controlli preventivi sulla legalità dei siti che indicizza (cioè di quelli che consente di trovare tramite la sua barra di ricerca). Se qualcuno però gli fa notare che tra i risultati ci sono siti illegali, il motore deve toglierli dai propri indici. Non deve più mostrarli quindi agli utenti, tra i risultati della ricerca.
Yahoo! attende di studiare le motivazioni della sentenza, prima di commentarla. Giudizi a caldo arrivano però subito da Open Gate Italia, che adesso annuncia battaglia a tutto campo: «Dopo questo primo importante successo, che apre la strada a tutti i detentori di diritti, i prossimi obiettivi saranno Google e YouTube», ha detto Tullio Camiglieri, il presidente della società.


Youtube è in realtà un caso diverso, visto che ospita sui propri server i video; invece un motore di ricerca consente solo di trovare quelli offerti da altri siti. Il Tribunale di Roma, del resto, già nel 2010 aveva obbligato Youtube a rimuovere i video del Grande Fratello, su denuncia di Mediaset. Il salto normativo è nell'estendere la responsabilità ai motori come Google e Yahoo!: finora non l'ha fatto nessuno Stato occidentale ed è per questo che la sentenza italiana è un evento eccezionale. Da anni la lobby del copyright cerca di ottenere, dal Congresso Usa, leggi che obblighino i motori di ricerca a togliere i siti pirata dai propri risultati. «È una sentenza molto singolare», commenta Fulvio Sarzana, avvocato esperto di diritto d'autore e nuove tecnologie. «I motori di ricerca nel nostro ordinamento non rispondono degli illeciti che avvengono per loro tramite, a differenza dei siti che ospitano contenuti», continua. Se passerà il principio affermato ora dal Tribunale di Roma, i motori dovranno attrezzarsi per rispondere tempestivamente alle segnalazioni dei detentori di copyright. E potrebbe diventare più difficile, per gli utenti, trovare contenuti pirata online.
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