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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2011 alle ore 06:41.

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«Yahoo! ora ci paghi i danni»«Yahoo! ora ci paghi i danni»

«La nostra battaglia contro Yahoo! non finisce qui: la settimana prossima passeremo all'azione di merito e chiederemo il ristoro dei danni derivanti da una concorrenza parassitaria». Danni che potrebbero aggirarsi, nella possibile richiesta dell'accusa, intorno al milione.

Sono parole di fuoco quelle espresse al Sole 24 Ore dell'avvocato Roberto Marraffa, legale della Pfa Films, la società che distribuisce la pellicola About Elly al centro della storica ordinanza che ieri ha intimato a Yahoo! Italia di eliminare i link "pirata" che riconducevano al film iraniano, contribuendo a violarne il copyright. In realtà nel suo procedimento Marraffa aveva citato insieme a Yahoo! anche Google Italy Srl e Microsoft Srl, le controllate italiane dei colossi Usa, ma gli strali giudiziari nei loro confronti sono caduti, di fatto, per ragioni procedurali. Ovvero: sono stati citati i soggetti sbagliati perché non sono le Srl "nostrane" a controllare le attività di ricerca dei motori, ma le big company che risiedono negli Stati Uniti. Una svista? «Tutt'altro – spiega Marraffa – ma una citazione che segue il filo logico di una precisa economia processuale per portare allo scoperto anche questi signori quando dovessero compiere degli illeciti».

Si legge nella parte finale del documento, infatti, che il magistrato designato «inibisce a Yahoo! Italia Srl la prosecuzione e la ripetizione della violazione dei diritti di sfruttamento economico della Pfa Film Srl sul film "About Elly" mediante il collegamento a mezzo dell'omonimo motore di ricerca ai siti riproducenti in tutto o in parte l'opera, diversi dal sito ufficiale del film».

Ma cadono le altre accuse perché in realtà l'ordinanza del giudice Gabriella Muscolo, esperta di lunga data di diritto d'autore e tematiche industriali, ha recepito solo una parte, per quanto importante, delle richieste di Pfa. Oltre al tentativo di coinvolgere, almeno per ora, le filiali italiane di Google e Microsoft, viene meno proprio l'accusa di concorrenza sleale visto che «l'offerta di Pfa da un lato e di Google e Yahoo! dall'altro – si legge nell'ordinanza di ieri – non sono destinate a soddisfare le medesime o analoghe domande di mercato e tra loro non sussiste alcun rapporto concorrenziale (...)».

Gli esperti di diritto dell'informazione sembrano comunque prendere le parti di Yahoo!. Tra questi Guido Scorza, docente di diritto dell'informatica alla Sapienza di Roma, che porta a galla un altro problema: «Nella sostanza si tratta di un'ordinanza aberrante e colpisce che se da un lato si afferma la necessità di eliminare i link pirata dall'indicizzazione, dall'altro non è stato coinvolto nel provvedimento il gestore del sito pirata, sia per eventualmente sanzionarlo, sia per dargli la possibilità di difendersi. Perché il fatto che fossero siti illeciti è stato ritenuto un dato di fatto, ma non è stato accertato».

Più sfumato il giudizio sulla vicenda di Ernesto Apa dello studio Portolano Colella Cavallo: «Una pronuncia ben argomentata che effettua un'ampia ricognizione delle norme e dei precedenti, anche stranieri, in materia. Ma la decisione del tribunale di Roma su Yahoo! affronta un caso sostanzialmente identico a quello riguardante Google Images deciso il 26 gennaio 2011 dalla Corte di appello di Parigi. Ambedue i pronunciamenti qualificano il prestatore del motore di ricerca come caching provider, cioè come fornitore di un servizio di memorizzazione temporanea delle pagine internet, ma le conclusioni della corte francese sono opposte rispetto a quelle del giudice italiano. E cioè: pur riproducendo fra i suoi risultati di ricerca naturali link a siti pirata, il motore di ricerca in Francia non è stato ritenuto responsabile di alcuna violazione del copyright».

Un'ordinanza che farà comunque giurisprudenza, anche se Yahoo! è stata "pizzicata" solo perché non ha rimosso dei link che già gli erano stati segnalati, visto che una censura preventiva dei risultati di ricerca derivanti da un algoritmo automatico non sembra possibile. Sullo sfondo, la "madre" di tutte le cause in materia: quella tra Youtube e Mediaset sui video del Grande Fratello, dove sempre il Tribunale di Roma diede ragione a Mediaset, mentre su una causa del tutto simile, in Spagna, l'esito fu opposto.

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