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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2011 alle ore 09:14.

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I servizi online gratuiti, dalla mail ai motori di ricerca, dai social network alle chat, utilizzati dagli internauti italiani valgono 5,6 miliardi di euro. A coprire le spese di realizzazione e gestione di questi pacchetti di servizi sono le campagne e gli investimenti pubblicitari sul web, quasi sempre "guidati" dai cookies.

A livello europeo si stima che il controvalore di questo "consumer surplus" raggiunga i 69 miliardi, circa 40 euro al mese per utenza domestica escludendo il costo dell'accesso al web. Negli Usa il business legato a questi servizi arriva a 32 miliardi. In totale un business da poco più di 100 miliardi di euro.

I dati si devono a uno studio realizzato da McKinsey per conto dalla Iab Europe, l'associazione per lo sviluppo della comunicazione interattiva, per determinare il peso economico dei servizi gratuiti. Un fenomeno in crescita del 13% l'anno. Così il valore dei "consumer surplus" potrebbe arrivare, tra Usa ed Europa nel 2015, a 190 miliardi.
Del resto a pagare per utilizzare qualche servizio "premium" è solo un utente su cinque mentre la stragrande maggioranza, oltre il 75% degli interpellati considera il valore dei servizi gratuiti usati ben due volte superiore al fastidio provocato dal banner sullo schermo o da una piccola apertura sul fronte privacy dovuto ai cookie. Lo studio ipotizza anche le conseguenze del passaggio a pagamento dei servizi ora gratuiti. Passaggio portato da una diminuzione degli spot online: circa il 40% degli utenti ridurrebbe in maniera decisa l'uso del web.

Uno scenario la cui evoluzione è legata al recepimento della direttica 136/2009 che cambierà le regole di utilizzo dei cookies (si veda l'articolo in alto), con effetti al momento incerti dal punto di vista del marketing e della pubblicità.

«Il nostro obiettivo è che vengano mantenute le attuali modalità, ossia che si rimanga in un regime di Opt-out – spiega Fabiano Lazzarini, general manager Iab Italia –. Ci stiamo però attivando perché l'utente interessato possa informarsi in modo sempre più semplice e puntuale e possa così scegliere se accettare o meno i cookie a ragione veduta».
Sulla stessa linea Moreno Martelloni, consigliere delegato della Aidim, l'Associazione italiana direct marketing: «Siamo contrari all'introduzione di un consenso esplicito e preventivo all'uso dei cookies perché restringerebbe moltissimo gli spazi per una comunicazione mirata sulle attese e le necessità dei consumatori».

«Per quanto importante in chiave etica, non credo che la direttiva che introdurrà la libertà di non accettare cookies possa avere un forte impatto sul settore - sostiene Maurizio Sala, direttore creativo e partner di Bitmama, web agency del Gruppo Reply e del Gruppo Armando Testa -. Quello che conta è la qualità dell'audience». Sulla qualità delle informazioni raccolte si sofferma Luca Bolognini, presidente dell'Istituto italiano per la privacy, focalizzato sul tema della protezione dei dati personali: «Se, per esempio, verrà scelto il consenso preventivo Opt-in ci sarà un numero inferiore di consumatori profilati ma il risultato sarà più affidabile». (E.N.)

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