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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 06:55.

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Mohammed Nabbous, NOTO BLOGGER LIBICO, È STATO FREDDATO POCHI GIORNI FA L'ultimooltraggioa Gheddafi gli è stato fatale. Il blogger libico Mohammed Nabbous detto Mo è stato freddato dai cecchini del raìs mentre denunciava le false dichiarazioni sul mancato cessate il fuoco. Era in diretta. La sua morte in streaming ha fatto il giro del mondo, in un tam tam digitale che ha mobilitato tutta la rete dei "mediattivisti". Mo, 30 anni, era il fondatore di Lybia Al Hurra, la prima tv libera di Bengasi. Oggi la battaglia di Mo resta nei video, nei post, nei tweet. Un'eredità che in rete si legge sul cliccatissimo Libyafeb17.com: gli users possono accendere candele virtuali in memoria di Mo. Anche in Italia le micro web tv si sono mobilitate dedicandogli una diretta sul web "a rete unificata". Mo e quelli (e soprattutto quelle) come lui. In soli tre mesi, dalla Tunisia alla Libia passando per l'Egitto, donne e giovani sono scese in strada e sul web. «Il ruolo delle donne è stato centrale nelle rivolte. Nel Maghreb e in Medio Oriente si è imposta una comunità di tecnocrati e attivisti politici. Sono un'avanguardia di giovani legati alle nuove tecnologie», racconta Augusto Valeriani, dell'Università di Bologna. Comunità trasnazionale di arabi, non autoreferenziale. «Attraverso i social network i blogger si sono mantenuti in contatto con le comunità estere. Ma attenzione. La rivoluzione in rete affonda le radici nel tempo, nei social network ma nei barcamp di blogger e hacker», precisa Valeriani.
Da alcune settimane i tweet sono monitorati minuto per minuto. Un termometro "social" realizzato da Al Jazeera, che ha lanciato una dashboard sui twitter della rivolta, essenziali per organizzare le mobilitazioni di piazza. In tempo reale vengono monitorati i messaggi di microblogging provenienti da Egitto, Yemen, Libia, Bahrein, Siria. I dati sono proposti come grafici e integrati agli hashtag. Secondo la dashboard in questi giorni ogni 24 ore in Libia sono rilanciati oltre 70.000 tweet, in Egitto 45.000, in Bahrain 42.000. Più distanziate Siria (25.000) e Yemen (15.000). Ma il dato è in aggiornamento continuo e soprattutto è legato all'evolversi delle proteste.
Twitter revolution? «Credo si continui a esagerare. È meglio puntare su ciò che la gente fa, più che sugli strumenti che adotta. In nord-Africa poi sono più diffusi i dispositivi mobili, i social media sono utili per trovare un appoggio occidentale», afferma Bernardo Parrella di Global Voices, rete internazionale di blogger. Potenza della viralità sul web, ma pericolo per l'oblio. «Non ho paura di morire, il timore più grande è che tutto torni come prima» disse Nabbous qualche giorno prima di morire. Un invito a tenere accesa una rete ancora troppo fragile.
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http://blogs.aljazeera.net/twitter
-dashboard
www.livestream.com/17feb
www.libyafeb17.com
http://it.globalvoicesonline.org

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