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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2011 alle ore 08:15.

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La sim diventa carta di creditoLa sim diventa carta di credito

MILANO. È nato il primo strumento per comprare contenuti digitali e servizi tramite i cellulari di qualsiasi operatore mobile italiano. È una piattaforma lanciata ieri, congiuntamente, da Tim, Vodafone, Wind, 3 Italia, PosteMobile e Fastweb, con i partner tecnologici Engineering e Reply. L'utente naviga e acquista libri, riviste, servizi vari: con un clic, se lo fa da cellulare. Se è su tablet o computer, invece, deve inserire il proprio numero di cellulare e una password. In entrambi i casi, la sim del telefonino diventa lo strumento per identificare l'utente e addebitargli il costo. Il pagamento avviene tramite credito telefonico (in bolletta, se ha un abbonamento, oppure scalando il credito prepagato della ricaricabile).

La sim sostituisce così, in tutto e per tutto, la carta di credito. È una novità congeniale al mercato italiano, che ha poca familiarità con le carte ma molta con i cellulari. In Italia il 90% delle transazioni avviene in contanti, contro una media Ue del 70%, secondo PwC Advisory, che ha supportato l'iniziativa. Certo, il suo successo dipenderà da quanti fornitori di contenuti digitali e servizi l'adotteranno. «Tra i primi interessati a utilizzare questa soluzione nel mercato italiano figurano aziende come Gruppo 24 Ore, Gruppo Caltagirone Editore, Class Editori, Guida Monaci, Espresso, La Stampa, Microsoft Italia, Mondadori, Monrif/Poligrafici Editoriale, Paperlit, RCS, Shenker, L'Unione Sarda», fanno sapere gli operatori in una nota congiunta.

«È la risposta degli operatori italiani alla dominanza Apple e Google sul nuovo mercato dei beni digitali», spiega Andrea Rangone, ordinario e responsabile Osservatori presso il Politecnico di Milano. Apple e Google propongono ai fornitori di contenuti, tra cui anche gli editori, le proprie piattaforme, tenendo per sé il 30 e il 10% del ricavato, rispettivamente. A quanto risulta al Sole24Ore, gli operatori italiani invece non chiederanno una quota standard, ma una percentuale di ricavi variabile in base alle singole negoziazioni con i fornitori.

«Gli operatori italiani hanno capito che per reagire a questa concorrenza devono unire le forze e ci sono riusciti prima di quelli di altri Paesi europei», aggiunge Rangone. A spingerli è la fiducia in un mercato dalle grandi potenzialità. Quello del "mobile content e apps" valeva 545 milioni di euro nel 2010, come rileva uno studio del Politecnico di Milano-School of Management che sarà presentato oggi. È calato del 9% per via del tracollo dei contenuti tradizionali (suonerie, loghi), ma sono cresciuti del 113% in un anno i ricavi degli strumenti innovativi (pagamento via mobile web e application store, cioè negozio online), che ora valgono il 9% della torta. Ed è proprio su questi che è scoppiata la guerra tra gli operatori e i due colossi americani. Gli italiani hanno speso ulteriori 538 milioni di euro in navigazione su rete mobile (via cellulare o chiavetta), +27% sul 2010. A dicembre erano 11 milioni i navigatori internet in mobilità.

Cresce anche la pubblicità su cellulare (+15%), a 38 milioni di euro. Sono ancora calati, invece, i ricavi complessivi dei servizi di telecomunicazione mobile: -2,9 per cento. La colpa è il ribasso, ormai costante, delle entrate da "servizi voce" (le telefonate), -6,3%, mentre quelle degli sms sono stabili. Un clima negativo che spinge gli operatori a cercare fonti di guadagno innovative.

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