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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2011 alle ore 07:00.

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Doriano Brogioli HA REALIZZATO UN PRE-PROTOTIPO DI CONDENSATORE PUBBLICANDO IL LAVORO SU «NATURE» Ricavare energia elettrica dalla miscelazione di due flussi d'acqua con differenti gradi di salinità. Sono vari gli scienziati, anche italiani, che stanno cercando di rendere possibile lo sfruttamento pratico di questo principio. Il meccanismo secondo cui dalla mescolanza di liquidi con diversa concentrazione salina si libera energia è un processo fisico ben noto: si tratta di un fenomeno irreversibile, perciò avviene con un aumento di entropia e una diminuzione del l'energia libera complessiva. La differenza di energia tra i due stati viene normalmente dissipata. Se però si disponesse di uno strumento in grado di trasformarla in energia elettrica, si stima che sarebbero disponibili 2,2 kiloJoule al litro, rinnovabili e privi di sottoprodotti inquinanti.
Nel 2009 in Norvegia è stata costruita una centrale in cui acqua dolce e acqua salata vengono pompate in due camere separate da una membrana semipermeabile (cioè che lascia passare l'acqua ma non i sali). Per osmosi si crea una differenza di pressione tra le due camere, che viene usata per far girare una turbina. Tuttavia le membrane sono costose e delicate, e non rappresentano perciò un metodo ideale. Un metodo del tutto diverso è stato ideato nel 2009 da Doriano Brogioli, ricercatore dell'Università Milano-Bicocca. Il dispositivo proposto è un serbatoio in cui sono immersi due elettrodi, che si comporta come un condensatore, cioè è in grado di accumulare carica elettrica. Il condensatore viene caricato di energia mentre il serbatoio è pieno di acqua salata. Successivamente nel serbatoio viene introdotta acqua dolce, e il condensatore viene scaricato. Poiché l'acqua dolce crea una differenza di potenziale maggiore, l'energia ottenuta scaricando il condensatore è maggiore di quella usata per caricarlo: si ha così una produzione netta di energia.
L'impianto sperimentale proposto da Brogioli usava elettrodi di carbone attivo, estremamente poroso, per massimizzare la superficie di contatto con l'acqua. L'energia prodotta era di pochi microJoule per ciclo, ma in un secondo lavoro presentato lo scorso gennaio su «Energy & Environmental Science» Brogioli spiega di aver realizzato, nell'ambito del progetto Capmix finanziato dalla Ue, un impianto più grande ed efficiente in grado di produrre 2 Joule per ciclo. Le potenzialità della tecnologia stimolano l'interesse di altri ricercatori. Come gli italiani Fabio La Mantia e Mauro Pasta, sotto l'egida del professor Yi Cui dell'Università di Stanford, hanno pubblicato a marzo su «Nano Letters» un articolo in cui, prendendo spunto dalle ricerche di Brogioli, descrivono elettrodi di diverso tipo. Lo scopo è migliorare il rendimento immagazzinando l'energia nella massa dell'elettrodo invece che nel cosiddetto Edl (Electrical Double Layer), la sottile interfaccia tra elettrodo ed elettrolita, come avveniva nell'esperimento originario. L'esperimento ha portato a risultati molto incoraggianti per un impianto dimostrativo, generando potenze dell'ordine dei milliJoule per ciclo anche con acqua di provenienza naturale. Ora l'obiettivo dei due ricercatori, che hanno fatto richiesta di brevetto, è trovare materiali per sfruttare lo stesso principio con minore spesa, dato che l'argento usato per uno dei due elettrodi non sarebbe utilizzabile in un impianto di tipo commerciale. Questa tecnologia troverebbe applicazione là dove i grandi fiumi si gettano nel mare, come in Africa e Sud America.
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