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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2011 alle ore 06:51.

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IL MATEMATICO Alan Turing È CONSIDERATO UNO DEI PADRI DELLA SCIENZA INFORMATICA E DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Suzette ha vinto il Loebner Prize. Dialogando con lei, uno dei giudici ha pensato di trovarsi di fronte a un essere umano. Invece era un computer progettato da Bruce Wilcox.
Prima di Wilcox, il premio per la macchina più umana era stato vinto da David Levy, famoso tra l'altro per una bizzarra polemica con la psicologa Sherry Turkle: Levy disse che in futuro gli umani si innamoreranno dei robot; Turkle si oppose sostenendo che resterà sempre qualcosa di non autentico nell'amore tra esseri umani e macchine. Forse avevano ragione entrambi.
Perché il confine tra naturale e artificiale è sempre meno chiaro. E di certo, per gli umani, è culturale. Per Kevin Kelly, grande saggio del mondo digitale, la logica della tecnologia si impone alla storia degli uomani come se avesse una sua volontà. E per un magnifico economista come Brian Arthur («La natura della tecnologia», Codice Edizioni, 2011) la dinamica dello sviluppo tecnologico è molto simile all'evoluzione della vita: il problema è distinguere tra la tecnologia che libera le capacità dell'umanità e quella che la limita. È la preoccupazione di Lee Siegel, autore di «Against the machine» (di prossima pubblicazione in Italia): la macchina per Siegel sta prendendo il controllo delle persone e ne avvelena i pensieri. Lo sospetta il sociologo Zigmunt Bauman che osserva come il telefonino abbia la capacità di imporsi all'attenzione delle persone tanto da distrarle persino da una conversazione tra amici e parenti riuniti fisicamente a tavola, in nome di relazioni a distanza mediate dalla macchina.
Gli umani hanno di sicuro l'impressione di poter mantenere la situazione sotto controllo. In fondo, sono loro a costruire le macchine: il che è vero. Ma come non vedere che quando sono costruite la loro logica si fa valere? Le macchine che gestiscono i mercati finanziari sembrano ben poco controllabili da parte dei singoli operatori umani. Porsi il problema è forse necessario per difendere o rafforzare la dimensione umana.
Il premio Loebner, del resto, si basa sul test di Turing, studiato per rispondere a una domanda cruciale: «I computer pensano?». Nel test, il giudice conversa, attraverso un video e una tastiera, con un umano e con un computer che tentano, entrambi, di mostrarsi umani. Se il computer riesce a convincere il giudice di essere umano, secondo l'ideatore, è possibile ipotizzare che sia in grado di pensare. Ma è altrettanto istruttivo osservare che, nel test, un umano può anche essere scambiato per un computer: tanto che la persona che convince più giudici di essere umano vince a sua volta il premio di «umano più umano». Brian Christian, poeta di 27 anni, ha vinto quel premio: e ha appena pubblicato un libro su quell'esperienza.
Per prepararsi al test, Christian chiese consiglio ai maggiori esperti su come comportarsi per apparire umano. Gli risposero: «Sii te stesso». Christian si chiese come fare. Si accorse che gli scienziati hanno a disposizione molti manuali che spiegano come programmare le macchine per farle sembrare umane, ma non esiste un manuale che insegni agli umani come apparire umani.
Forse un aiuto viene dal «Libro bianco sull'innovazione sociale», curato in Italia Alex Giordano e Adam Arvidsson (www.societing.org). Il segreto è porsi un problema giusto. Perché l'innovazione che conta non è una qualunque novità: è una novità che libera ed espande le possibilità degli umani di imparare a essere se stessi.
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