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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2011 alle ore 08:18.

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Il foglio che esce dalla lunga macchina di stampa della Omet di Lecco sembra solo carta. Però, una volta portata sul banco, improvvisamente si illumina. Una rete di microscopici led globulari, grandi quanto una cellula, vi è stata impressa. E ha stupito gli astanti dell'Arpa-e Innovation summit di Washington lo scorso maggio. Guadagnandosi le prima posizione tra i progetti di innovazione energetica.
Bill Ray, uno degli inventori della carta a led (Chief Scientist della neonata startup NthDegree) è anche docente del Sonoco Institute della Clemson University della Carolina del Sud. Centro d'eccellenza per lo studio delle tecnologie di stampa. Recentemente ha adottato la tecnologia "made in Italy" della Omet, la macchina di stampa più modulare esistente o, come ama definirla, «il coltellino svizzero della printed electronics».
In pratica, stampare su fogli di carta o di plastica dei Led o celle fotovoltaiche, oppure circuiti o sensori, significa deporre selettivamente strati sovrapposti di diversi materiali con elevata precisione. In diverse fasi di processo. E le macchine Omet, nate negli anni 60 per la stampa a colori di tovaglie, etichette e su plastica, hanno proprio questa caratteristica. La loro serie di multiple unità di stampa consente di combinare la stampa a rotocalco con la serigrafia oppure ancora con la stampa flexografica e l'ink-jet. «L'intero sistema è coordinato dalla meccatronica flessibile – osserva Angelo Bartesaghi, presidente e fondatore della Omet – e in una sola macchina riusciamo a coordinare diverse tecniche di stampa. Questo la rende parcolarmente interessante per i centri di ricerca, come quello della Clemson, che oggi sta provando tutte le alternative possibili per l'elettronica e il fotovoltaico a stampa. Anche con l'aiuto dei nostri tecnici. I primi risultati sono molto promettenti. Tra non molto si aprirà un mercato significativo per l'elettronica stampata».
Altrettanto sta avvenendo a Milano. Qui l'Istituto italiano di tecnologia (Iit), insieme al Politecnico, ha inaugurato un mese fa un nuovo laboratorio dedicato alle nanotecnologie e nanoscienze (39 ricercatori). «E uno dei nostri obbiettivi chiave – spiega Guglielmo Lanzani, coordinatore del nuovo centro – sarà quello di sviluppare un produzione fotovoltaica su vasta scala di celle flessibili, scendendo a 30 centesimi per watt, un terzo dei prezzi di oggi».
Celle a "coloranti" (dye-sensityzed cells) impresse su fogli di plastica semitrasparente. Oppure persino a film sottile in nano-silicio su polimeri, come quelle in fase di sviluppo nei laboratori St Microelectronics di Catania. Ma anche a Milano lo strumento di ricerca sarà la macchina di stampa multipla della Omet. Su cui i ricercatori proveranno la deposizione di inchiostri, sia metallici che organici. Fino a ottenere celle a buon rendimento (finora sono ancora al 5%) e processi produttivi affidabili.
«Le nostra macchine sono prestate gratuitamente ai ricercatori – conclude Bartesahi – e ora ci aspettiamo anche a Milano quel clima stimolante che viviamo negli Usa. Anche per nuove collaborazioni con altre aziende». La frontiera dell'elettronica e fotovoltaico a stampa è infatti tutta aperta. E quando decollerà (questione di tempo) coinvolgerà molti attori. Non solo la lungimirante Omet.
giuseppe.caravita@ilsole24ore.com
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Elettronica sul filo
Ricercatori del Mit sono riusciti a modellare microfibre con un alto livello di precisione. La scoperta, battezzata "sintesi idrotermica", rende possibile produrre microstrutture elettroniche con sforzi ridotti rispetto alle tecniche attuali.
i tre esperimenti
La carta che si illumina, presentata dalla Nth Degree Technologies, altro non è che un primo esemplare di carta cosparsa da una rete regolare di micro-led deposti in altrettante cavità, connessi tra di loro. Con 8 watt elettrici una simil-lampadina in carta produce una luce piuttosto forte. Ma, secondo la startup nata alla Clemson University, c'è spazio per ridurre a 2 i watt e per aumentare la luminosità di almeno il 50 per cento.
Anche il Mit è attivo sulla frontiera della printed electronics. Lo testimona la presentazione, pochi giorni fa, dei primi esemplari di fogli di carta fotovolaici annunciati in un paper su Advanced Materials da un gruppo di nove ricercatori. Il processo di stampa delle celle solari si basa su vaporizzazione a bassa temperatura, adatta alla carta normale. Le celle sono robuste ma ancora a basso rendimento, intorno all'1 per cento.
Il centro IIT-Politecnico di Milano, con i suoi 39 ricercatori (alcuni tornati in Italia dall'estero) punta al fotovoltaico organico e sulla printed electronics. Per esempio sulle celle a coloranti, basate su molecole fotosensibili. Un campo promettente, ma di ricerca avanzata sulla chimica. Non solo. Nel mirino vi sono anche i film sottili in silicio nanometrico ordinato per intrappolare i fotoni. Anche su fogli di plastica. O persino su carta.

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