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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2011 alle ore 15:19.

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Si tratta di una delle più grandi mobilitazioni che la storia recente americana ricordi. La prima che interessa Verizon Communications, il secondo più grande operatore telefonico degli Stati Uniti, da 11 anni a questa parte.

Da ieri domenica 7 agosto a mezzogiorno i rappresentanti dei lavoratori - e più precisamente la Communications Workers of America (Cwa) e la International Brotherhood of Electrical Workers (Ibew) - hanno invitato a incrociare le braccia circa 45mila dipendenti (un quarto della forza lavoro complessiva della compagnia) operativi nelle aree North East e Mid-Atlantic del Paese, la maggioranza dei quali tecnici o addetti al call center. Per il momento non sembrano esserci stati particolari disagi per la clientele di Verizon – che ha predisposto una task force interna di 40mila unità per ovviare al problema – ma non è escluso che lo sciopero, se dovesse protrarsi ancora (nel 2000 la protesta proseguì per 18 giorni e interessò 28 milioni di clienti provocando un buco di fatturato di 40 milioni di dollari), possa impattare sia sulle attività di customer support che sull'efficienza di servizi quali la televisione via cavo Fios di Verizon.

Le ragioni alla base della "rivolta", che le organizzazioni di cui sopra minacciano di non interrompere in assenza di un accordo fra le parti? Il mancato rinnovo da parte di Verizon del contratto scaduto il 6 di agosto alle condizioni richieste dalle parti sociali. L'azienda di New York ha infatti mantenuto la linea dura sulle proprie posizioni oggetto della trattativa iniziata a luglio, e nel dettaglio la possibilità di poter licenziare più facilmente gli addetti in esubero, riconoscere incentivi unicamente in funzione dei risultati, fermare la maturazione dei contributi pensionistici almeno per il 2011 e ricevere dalle associazioni sindacali un supporto per il pagamento degli oneri sanitari.

Tutto nasce, come ha ribadito senza mezzi termini il Ceo della società Lowell McAdam in una lettera inviata ufficialmente a tutti i dipendenti della divisione Wireline e al Corporate management, dai problemi che affliggono da tempo il business delle reti fisse, i cui ricavi sono in costante declino (i clienti attivi sono scesi a fine 2010 ancora dell'8% a complessivi 26 milioni) in relazione allo spostamento delle utenze sui servizi wireless e di rete mobile. «È chiaro – ha scritto il manager – che alcuni dei termini del contratto di lavoro, negoziati quando Verizon era in una fase di minore pressione competitiva, non sono più in linea con la realtà economica di oggi». Il Ceo di Verizon ha anche rimarcato come grazie al contratto in essere fino all'altro ieri «i costi legati ai benefit dei lavoratori siano cresciuti in modo consistente sebbene il business della divisione wireline si sia progressivamente ridotto». Da uno dei responsabili della Ibew è subito arrivata una pepata risposta alla compagnia – «queste non sono negoziazioni, sono un insulto» – mentre dall'altra organizzazione, la Cwa fanno notare come Verizon sia un'azienda profittevole, che paga molto bene i suoi senior executive e che non corre il rischio di uscire dal business dei servizi telco.

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