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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2011 alle ore 11:51.

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Perché il più grande produttore e vendor al mondo di personal computer, i cui portatili Elite Book sono utilizzati dai manager di tutte o quasi le aziende che compongono la Fortune 500, annuncia l'intenzione di sacrificare questo business?

Le ragioni ufficiali sono note: perché la compagnia californiana necessita di una sterzata capace di ridare fiato al fatturato e soprattutto ai profitti e il mercato dei pc, è altrettanto risaputo, non è certo un settore dove si possono realizzare grandi utili. Tagliare i costi del personale (e parliamo di migliaia di addetti) e delle strutture, rinunciando in alcuni casi anche alla componente di ricerca e sviluppo per affidarla ai costruttori asiatici, è una strada molto battuta: quanto possa essere vincente nel lungo periodo è tutto da dimostrare.

La realtà, e su questo fanno leva i manager che guidano oggi Hp, dice che i ricavi per il terzo trimestre sono sì allineati alle ultime previsioni – e pari a circa 31,2 miliardi di dollari – ma produrranno utili per azione di soli 93 centesimi e non di 1,1 dollari come si aspettavano a Wall Street. E peggio potrebbe andare nell'ultimo quarter dell'esercizio, quando ad entrate nell'ordine massimo dei 32,5 miliardi (contro i previsti 33,9 miliardi attesi dagli analisti finanziari) dovrebbero corrispondere profitti per azione non superiori a 1,16 dollari, rispetto agli 1,31 messi in preventivo dagli esperti della Borsa di New York.

La lettura del piano fortemente voluto dal Ceo di Hewlett Packard lascia in ogni caso il campo a molte domande e leciti dubbi: perché Hp rinuncia a una leadership edificata con grandi investimenti, primo fra tutti quello – da oltre 17 miliardi di dollari operato nel 2001 da Carly Fiorina - che portò Compaq fra gli asset di Palo Alto? Perché l'acquisizione più recente di Palm e con essa il progetto di portare la piattaforma WebOs a competere con i sistemi operativi di Apple, Google e Microsoft in campo smartphone e tablet – settore che Hp aveva già abbandonato a metà anni 2000 pur avendo a catalogo l'iPaq, il palmare più gettonato da aziende e business man - viene di fatto bollata come inutile ed improduttiva? Perché la compagnia lascia strada aperta alla concorrenza – vedi Samsung, tanto per fare un nome, che dalla sua può vantare tutta la supply chain per produrre i computer – quando gli altri big dell'universo hi-tech (Google e Microsoft) indirizzano i propri sforzi verso produttori di hardware (Motorola e Nokia) con un notevole bagaglio di tecnologie al seguito?

Certo il software e i servizi garantiscono entrate e marginalità superiori (e quindi maggiore soddisfazioni per azionisti e più stabilità sui listini di Borsa) ma in questi segmenti la concorrenza non manca (in primis Ibm ma della partita sono anche prime firme come Oracle e Dell) e la necessità di innovare velocemente (difetto che Apotheker ha evidenziato più volte dall'autunno scorso) è altrettanto un imperativo. E il fatto di stanziare 10 miliardi di dollari per mettere le mani su uno specialista come Autonomy ne è l'indiretta conferma. Senza trascurare il fatto, inoltre, che trovare un acquirente che possa pagare il giusto, e cioè vari miliardi di dollari, per la divisione Personal Systems Group (Psg) non appare certo un'operazione semplice.

Ufficialmente, la compagnia ha fatto sapere che il board ha autorizzato l'esplorazione di alternative strategiche per le attività nei pc e fra le opzioni papabili ci sono sia il totale o parziale spin off della divisione Psg sia la possibilità che questa venga venduta. Il piano, si legge nello statement diffuso dalla società di Palo Alto, dovrebbe concretizzarsi e completarsi entro i prossimi 12-18 mesi. E se l'epilogo sarà la vendita, Hp rinuncerà a un business da 41 miliardi di dollari (tanti sono stati i ricavi generati da desktop e notebook nell'esercizio fiscale 2010) ed emulerà a sei anni di distanza quanto fatto da Ibm con Lenovo, cui cedette nel 2005 per un valore complessivo di 1,8 miliardi di dollari la divisione computer per dedicarsi in toto alle attività enterprise in campo software e servizi. E direbbe ovviamente addio alle opportunità legate ai tablet, un segmento i cui effetti sul mercato dei pc – come ha avuto modo di ribadire Apotheker – "è reale".

Abbandonare il business delle tavolette – dove Hp finora ha recitato un ruolo più che marginale con lo Slate 500, prodotto professionale basato su Windows 7 - non sarebbe in sè una mossa così avventata. A far arricciare il naso di molti analisti è però il fatto che per arrivare al lancio del TouchPad e dei nuovi smartphone con sistema operativo WebOs, la casa californiana ha profuso grandi sforzi a livello di investimenti e risorse. Ed ora tutte le attività legate allo sviluppo della piattaforma software ereditata da Palm sono destinate ad essere dismesse, a meno che – ma l'ipotesi sembra poco percorribile - qualcuno si faccia avanti per rilevarle a poco prezzo.

Di certo c'è l'appurata volontà di Hp di abbandonare per sempre il segmento consumer e puntare tutto sul business del software applicativo, dei sistemi di fascia alta e dei servizi, soluzioni di cloud computing ed "as a service" naturalmente comprese. E in attesa di poter comunicare agli azionisti e al mercato i dettagli di una svolta comunque epocale per la compagnia, a Palo Alto devono intanto incassare le frecciatine ironiche della concorrenza, come quella postata su Twitter da Michael Dell, il numero uno del produttore texano. Che commentando l'ipotesi dello spin off del business dei pc della rivale paventa la possibilità che la nuova società possa venir chiamata "Compaq".

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