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Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2011 alle ore 14:48.

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(courtesy web.mit.edu)(courtesy web.mit.edu)

Un apparecchio grande come una moneta da un quarto di dollaro è in grado di produrre energia sfruttando le vibrazioni, anche minime, dell'ambiente in cui si trova. Basta appoggiarlo su una superficie che non stia perfettamente ferma, come un tubo in cui scorre del liquido, un ponte, il fondo di una strada, ma anche un motore o qualunque pezzo di una macchina, e comincia a funzionare.

Il dispositivo è stato messo a punto al Mit (web.mit.edu), il Massachussets Institute of Technology, da un gruppo di scienziati che stanno lavorando per risolvere un problema molto sentito da alcune industrie: come mantenere la carica di sensori sparsi qua e là, del tipo di quelli posti lungo le tubazioni di un oleodotto che percorre anche centinaia di chilometri, senza dover andare a sostituire le batteria di ciascun sensore. Ma le potenzialità di un dispositivo simile sono enormi: ogni oggetto che ha bisogno di piccole ricariche di energia potrebbe incorporarne uno e ogni fonte di vibrazione potrebbe diventare l'origine di una ricarica.

Quello che hanno realizzato i ricercatori del Mit fa parte della famiglia dei Mems, i microelectromechanical systems (microsistemi elettromeccanici), che stanno conoscendo un grande sviluppo. È un piccolo apparecchio capace di raccogliere e sfruttare vibrazioni molto diverse, come quelle prodotte dagli oggetti che possono avere bisogno di reti di sensori che controllino continuamente che tutto sia a posto, senza scaricarsi mai, dialogando uno con l'altro per trasmettere l'informazione. Sul mercato esistono già meccanismi che sanno ricavare energia da una vibrazione, ma quello messo a punto al Mit è capace di raccogliere una potenza oltre 100 volte più alta. I primi test hanno indicato 45 microwatt per ogni dispositivo. Poche, ma già abbastanza. E comunque il gruppo di lavoro promette presto nuovi sviluppi.

Il segreto sta nel fatto che il nuovo mems risponde non solo alla vibrazione di una certa frequenza prestabilita, ma a un ampio numero di frequenze diverse tra loro. Per trasformare la vibrazione in energia si usano materiali piezoelettrici, come il quarzo, del tutto simili a quelli contenuti in un accendigas da cucina. Quando il materiale piezoelettrico viene sottoposto a uno stress, per esempio, a uno sfregamento, emette una piccola quantità di energia, che può dare origine a una scintilla, oppure può essere raccolta da un piccolo elettrodo e immagazzinata. Il problema è, appunto, che ogni materiale risponde alla vibrazione solo di una certa frequenza: senza quella, non funziona.

Questo è molto utile per fare in modo che un apparecchio risponda solo a uno specifico comando, anziché scattare quando vuole, ma diventa un grosso limite quando si cerca di collegarlo al "rumore" prodotto dalla vibrazione di un oggetto, che di solito è molto irregolare. Gli scienziati del Mit anziché creare un sistema fatto di tanti materiali piezoelettrici diversi per tentare di sfruttare tante frequenze diverse hanno semplicemente cambiato il "design" dell'apparecchio: al posto di una struttura rigida, un piccolo "ponte" di collegamento tra il materiale piezoelettrico e il chip che sta al centro del sistema. Un approccio che, assicurano, consente anche di realizzare questi dispositivi a bassissimo costo.

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