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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2011 alle ore 10:55.

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Secondo Alfredo Gatti, managing director di Nextvalue, la società di consulenza che ha realizzato il Rapporto Assintel 2011 sullo stato del mercato It italiano, il quadro d'insieme è piuttosto chiaro e si traduce, nella sostanza, in una decisa accusa alla scarsa reattività del sistema Italia.

«Il nostro Pil – ha infatti spiegato il manager in sede di presentazione della ricerca - ci colloca all'ottavo posto nella classifica mondiale per ricchezza prodotta ma alla voce debito sovrano solo Giappone e Grecia fanno peggio di noi, tanto che nella classifica dei rischi il nostro rating (Aa2 di Moody's ed A di Standard&Poor's, ndr) parla da solo. Il problema è evidente ed è nel sistema Paese».

Una nuova tirata d'orecchie in piena regola in direzione di chi non ha fatto quanto dovuto e potuto dunque, spalleggiata anche da Giorgio Rapari, presidente dell'Associazione delle imprese Ict italiane legata a Confcommercio. Il quale ha parlato di un terzo e quarto trimestre «abbastanza difficili» per ciò che concerne l'andamento del mercato dell'informatica e ha messo l'accento polemico sul fatto che «lo sviluppo del Paese è ancora a macchia di leopardo».

Guardando ai numeri, qualche motivo per essere ottimisti in realtà c'è. Il consuntivo di spesa stimato per il 2011 è pari a 19,27 miliardi di euro – nel dettaglio così composta: 4,2 miliardi di euro arrivano dai servizi, 9,2 miliardi dal software e 5,8 miliardi dall'hardware – e se così fosse l'incremento rispetto al 2010 del 2,2 per cento. Una ripresa lenta, quindi, che comparata alla flessione del 7,6% della spesa It registrata alla fine dell'anno passato fa, almeno in apparenza, ben sperare. In realtà, come ha puntualizzato Gatti, «il mercato sta faticosamente risalendo la china per tornare ai livelli di investimento di 18 mesi fa. Eppure è risaputo che l'It è la leva dell'economia digitale ed è la quinta utility italiana». Pessimismo che arriva forse dai dati che attestano le intenzioni delle aziende per i prossimi 12 mesi: il 63% delle imprese oggetto di campione ha fatto chiaramente intendere come i loro budget It rimarranno stazionari mentre il 19% pensa addirittura di ridurli.

Le buone notizie, dal lato vendor, provengono unicamente o quasi dal comparto servizi e più precisamente dai servizi cloud, il cui giro d'affari è previsto salire dai 280 milioni di euro del 2010 ai previsti 393 milioni per quest'anno (di cui 260 milioni attribuibili al Saas, software as a service). E ancora. La spesa per implementare in azienda soluzioni per gestire dati e applicazioni nella nuvola sono destinate a coprire circa il 7% dell'intero mercato It e, soprattutto, a conoscere una crescita in valore per i prossimi tre anni del 32 per cento.

Quanto alla distribuzione della spesa informatica nazionale, banche e industria stanno dando timidi segnali di risveglio in virtù di una spesa che conoscerà nel 2011 ritmi di incremento fra il 2 e il 3 per cento. Crollano invece gli investimenti delle micro imprese e soprattutto quelli della Pubblica amministrazione, degli enti locali e del settore sanità. Tendenza quest'ultima che la dice lunga sullo stato di avanzamento del processo di digitalizzazione, la cui staticità è spiegabile con un altro paio di indicatori. Il primo: il 51% della spesa informatica italiana è generata dalle grandi imprese (circa 1.200 aziende nel complesso) e un ulteriore 17% proviene dalle organizzazioni di classe dimensionale medio-grande e media. Il secondo: il 57% della spesa è destinata a gestire l'esistente, il 24% va alle attività di sviluppo e adeguamento e solo il 19% è destinato ai nuovi progetti e all'innovazione. In poche parole, solo le grandi imprese continuano a considerare strategico l'utilizzo dell'It mentre le medie puntano a un utilizzo più tattico delle tecnologie. E le piccole e le piccolissime? A quanto sembra, al momento hanno altre priorità a cui pensare.

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