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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2011 alle ore 08:17.

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«A volte mi sento come un asino», così Ei-ichi Negishi, premio Nobel della Chimica 2010, descrive la sua attività: un lavoro di ricerca costante, frutto di tanti piccoli passi in salita che conducono a scoperte successive. Passi che, insieme, a volte compongono una rivoluzione. Sorride spesso Negishi, raccontando con semplicità il senso delle sue scoperte e la sua visione. Un progetto e un sogno che punta a risolvere la sfida mondiale del riscaldamento climatico attraverso le leggi della chimica.
«Credo – spiega – che la riduzione dei gas serra non sia la soluzione, che piuttosto risiede nel riciclo e nel riutilizzo di queste emissioni». L'idea è quella di riprodurre il meccanismo naturale che trasforma l'anidride carbonica (CO2) nel materiale organico con cui sono costituite piante ed esseri viventi. La soluzione per vincere la sfida si interseca con le ricerche che hanno permesso a Negishi di vincere il Nobel per la Chimica. Nel 1977 lo scienziato sviluppò un procedimento per legare tra loro molecole di carbonio creando strutture più complesse. In questo processo un ruolo fondamentale è giocato dal palladio, un metallo prezioso che agisce da catalizzatore favorendo la reazione senza rimanere legato ai composti finali. «La chiave è proprio questa. E alla fine del processo il palladio può essere impiegato nuovamente con un meccanismo di riutilizzo che abbassa i costi del l'intero processo».
La reazione che usa il palladio per la produzione di macromolecole organiche di carbonio è oggi utilizzata in tantissimi campi: dalla sintesi degli antibiotici a quella di fitofarmaci passando per la produzione di componenti elettronici nel campo della telefonia o dei monitor ultrapiatti. La chimica organica, basata sulle molecole di carbonio, spiega ancora Negishi, «è presente ovunque attorno a noi: dal cibo ai vestiti fino ai materiali di costruzione con il quale sono fabbricate molte parti delle auto e degli aerei. Ad esempio, grazie ai miglioramenti nella sintesi di macromolecole organiche il peso delle carlinghe e delle ali degli aeroplani si è ridotto, e oggi abbiamo a disposizione materiali molto più resistenti dell'acciaio e allo stesso tempo molto più leggeri».
L'obiettivo di Negishi è di usare un processo simile per trasformare i milioni di tonnellate di anidride carbonica dell'atmosfera da problema in risorsa. La difficoltà è che il carbonio contenuto nella CO2 è fortemente ossidato e la perdita di elettroni lo rende dal punto di vista energetico inutilizzabile, al contrario di quanto avviene in quello presente nel petrolio, nel metano o nel grasso animale. «La questione è come ridurre l'ossidazione del carbonio rendendolo di nuovo utile dal punto di vista energetico». La soluzione è nella chimica. «La risposta sta nei catalizzatori: dobbiamo riprodurre il meccanismo della Natura». Imitando il processo biologico si potrebbe riutilizzare l'atomo di carbonio contenuto nella molecola di CO2. Occorre però sviluppare una serie di reazioni che siano economicamente vantaggiose e che usino meno energia di quella che sviluppano: solamente a questa condizione si riuscirà a rendere il carbonio dell'anidride carbonica l'oro nero del futuro.
Dal punto di vista teorico non si tratta di un sogno irrealizzabile: «un processo simile è impiegato ogni giorno da ognuno di noi nelle marmitte catalitiche» spiega il Premio Nobel. Questi convertitori ricevono monossido di carbonio dal motore e lo trasformano in CO2 grazie alla presenza di catalizzatori come il platino o l'iridio. In questo caso, però, la reazione va nella direzione opposta a quella auspicata del recupero energetico che servirebbe per combattere l'effetto serra, «ma la chimica lavora sempre con reazioni che vanno nelle due direzioni», chiarisce sorridendo Negishi.
Il Premio Nobel non vuole dare indicazioni su quando questo traguardo potrà essere raggiunto. «Ogni giorno infatti vi sono dei nuovi progressi» che si accumulano lentamente, e che sono frutto del lavoro di tanti ricercatori chimici. Progressi che lentamente avvicinano alla meta agognata, perché le grandi scoperte si costruiscono faticosamente passo dopo passo, come un asino che scala un'alta montagna, alla ricerca di quelle soluzioni che l'umanità attende.
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Chi è
Ei-ichi Negishi, nato in Cina nel 1935
da genitori giapponesi, oggi insegna all'Università Purdue di West
Lafayette, negli Stati Uniti.
Nel 2010 ha ricevuto il premio Nobel in Chimica, assieme a Richard F. Heck e Akira Suzuki, per avere sviluppato delle reazioni che, sfruttando l'azione catalitica del palladio, permettono di legare fra loro gli atomi di carbonio creando molecole organiche complesse. Questa reazione ha fornito ai chimici di tutto il mondo uno strumento potente e preciso per sintetizzare nuove sostanze, farmaci efficaci e materiali dalle
caratteristiche fisiche uniche.

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