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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2011 alle ore 15:38.

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Per il momento a goderne sono solo gli utenti statunitensi, sebbene l'aggiornamento di Google Music, ufficialmente uscito dalla "fase beta" - 100 milioni di brani scaricati in un'estate - abbia riguardato anche gli smartphone e i tablet Android italiani.

Oggi però il catalogo di oltre 13 milioni di brani che il gigante di Mountain View ha allestito in collaborazione con le major discografiche - Universal Music Group, Emi Records e Sony Music, dal lotto è rimasta fuori (per ora) Warner Music – e oltre mille etichetti indipendenti è come detto utilizzabile per l'ascolto e l'acquisto solo negli Stati Uniti.

L'evento di presentazione di Los Angeles, avvenuto mercoledi 16, è stato salutato dai media americani con ampio risalto ed era logico che così fosse per il semplice motivo che quella di Google è un guanto di sfida in piena regola, per altro ampiamente annunciato, ai servizi musicali di Apple, Amazon e altri siti specializzati. Rispetto a questi, ecco la prima "novità": Music è aperto anche ai musicisti indipendenti, che potranno vendere online la loro musica tramite apposito "Artist Hub" fissando i prezzi ai consumatori senza intermediazione alcuna e contando su una percentuale pari al 70% dei proventi.

Il modello che ha predisposto la compagnia californiana per attirare a sé milioni di appassionati è il seguente: le canzoni risiedono sull'Android Market, gli utenti potranno acquistarle tramite classico download (il servizio funziona con smartphone o tablet Android versione 2.2 o superiore) con il plus di poter archiviare ed effettuare lo streaming di 20mila tracce musicali senza pagare nulla. Il costo dei singoli brani a pagamento va da un minimo di 69 centesimi a un massimo di 1,29 dollari (cifra necessaria per comprare un brano su iTunes) e tutti quelli acquistati, oltre a quelli già di proprietà dell'utente (non è chiaro quanto saranno filtrati i contenuti privi di lucchetto digitale Drm), potranno essere salvati nella "cloud" per essere accessibili in qualsiasi momento in streaming direttamente dal terminale mobile e riproducibili da qualsiasi dispositivo (anche non Android) in modalità offline.

Con alcune eccezioni c'è anche la possibilità di condividere gratuitamente le tracce con tutte le cerchie di contatti attive sul social network Google+ (coloro che hanno reciprocamente l'utente in una cerchia potranno ascoltare gratuitamente l'intero pezzo, a tutti gli altri sarà concessa solo una preview di 90 secondi) mentre non ci sono limiti nel poterle sincronizzare su tutti i propri dispositivi Android. Il raffronto con l'offerta di Apple – l'iTunes store per acquistare le canzoni e iTunes Match per conservarle e riprodurle nella nuvola - è presto fatto. Il servizio cloud della Mela consente di tenere online 25mila canzoni al costo di 25 dollari l'anno e di sincronizzare facilmente le canzoni, attività che invece richiede operazioni "manuali" con Google Music. Difetto che interessa anche il servizio cloud di Amazon, che non consente di caricare automaticamente file non regolarmente acquistati dallo store del sito di e-commerce più grande del mondo. Dalla sua Google Music ha invece la possibilità di interagire con la Google TV tramite una nuova applicazione dedicata (per il momento disponibile in esclusiva negli Stati Uniti) che permetterà di accedere dallo schermo televisivo alla propria libreria musicale, acquistare brani o interi album, creare playlist personalizzate e ovviamente riprodurre le canzoni caricate sui server della casa di Mountain View. Il guanto di sfida, ad Apple in primis, è stato formalmente stato lanciato. In palio c'è un business, quello della musica digitale che negli ultimi 5 anni è cresciuto esponenzialmente arrivando a toccare (secondo i dati evidenziati dall'ultimo report dell'Ifpi) quota 4,6 miliardi di dollari.

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