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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2011 alle ore 08:42.

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Una cura per il Parkinson non esiste. La strada più promettente per fermare la degenerazione del tessuto cerebrale che è all'origine della malattia sembra quella dell'uso di cellule staminali , ma i problemi legati all'uso di queste cellule sono tanti, compresa l'opposizione etica alla ricerca che fa uso di embrioni. Però la malattia si diffonde sempre di più, complice l'invecchiamento della popolazione, aggredendo le persone senza alcuna certezza precisa sulle cause che possono scatenarla.

In compenso avanza per fortuna il fronte delle cure per i suoi sintomi, cure che promettono di diventare sempre più efficaci. E riuscire a contenere gli effetti quotidiani della malattia, a partire dai classici tremori, è fondamentale per migliorare la qualità della vita dei ammalati. L'ultima novità arriva direttamente dall'Italia, dal Policlinico di Milano , dove il gruppo di lavoro guidato dal professor Alberto Priori ha ideato uno stimolatore intelligente che sarà in grado di interagire con il cervello del paziente e di adattarsi a quelle che sono le sue necessità per ridurre, per esempio, i tremori del corpo esattamente nella misura necessaria.

Bastano una serie di sottili elettrodi che da una parte siano in contatto con i neuroni giusti e dall'altra con un apparecchio in grado di registrare i segnali dell'attività cerebrale e trasformarli nella risposta giusta. Il dispositivo è stato appena brevettato in Europa e negli Stati Uniti. Prima della prossima estate potrebbe cominciare la sperimentazione, per arrivare poi a una commercializzazione anche su larga scala.
Si tratta di una sorta di pacemaker che, come i dispositivi che si usano da molti anni per il cuore, manda un piccolissimo segnale elettrico per stimolare nella maniera corretta le cellule del nostro corpo. E infatti è stato battezzato Pacemaker Cerebrale Adattativo. In questo caso il segnale viene mandato alle cellule cerebrali, e in particolare ai neuroni motori. Apparecchi simili esistono già, anche se non sono ancora molto diffusi.

La novità introdotta dal professor Priori è che anziché inviare al cervello sempre lo stesso segnale, come avviene anche nei pacemaker cardiaci, gli elettrodi impiantati in strutture cerebrali al di sotto della corteccia sono in grado di misurare l'attività dei neuroni e quindi di capire come il paziente sta davvero in quel momento e modulare la cura momento per momento. È un po' come poter dosare un farmaco minuto per minuto, insomma. «Siamo riusciti a individuare quali siano i segnali emessi dai neuroni importanti, come fare a codificarli e poi come usarli per regolare il funzionamento dello strumento». Il pacemaker, infatti, riuscirà non solo a decidere se stare acceso o spento, se emettere uno stimolo verso i neuroni o no, ma anche a modulare nel modo migliore questo stimolo. Così potranno essere controllati i tremori, gli spasmi, le rigidità e tutto gli altri sintomi del Parkinson, fino a migliorare lo stato psicologico stesso delle persone ammalate. Non solo, per i pazienti che già utilizzano un sistema di stimolazione di questo tipo non ci sarà bisogno di sostituire gli elettrodi impiantati. E il sistema sarà utilizzabile, potenzialmente, per tutte le persone che soffrano di Parkinson.

Priori lavora ormai da molti anni sulla possibilità di influenzare lo stato delle cellule cerebrali attraverso l'applicazione di stimoli elettrici o campi magnetici. Al suo attivo ha anche sperimentazioni dedicate alla cura depressione profonda attraverso l'uso di una stimolazione magnetica transcranica realizzata semplicemente appoggiando dei magneti alla testa delle persone. Il suo team è nato nel 1985 al Policlinico e nel 2008 ha dato vita a uno spin-off battezzato Newronika, realizzato con la partecipazione congiunta della Fondazione Irccs Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dell'Università degli Studi di Milano.
paolo.magliocco@videoscienza.it

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