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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2011 alle ore 09:12.

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In Italia non esistono (quasi) famiglie con ragazzi sotto i 18 anni che non abbiano almeno un cellulare. Ma il fatto curioso è un altro: in queste case la televisione è meno diffusa della cornetta mobile, visto che si parla di un dittatoriale 99,7% di penetrazione dei telefonini contro un "magro", si fa per dire, 97% del piccolo schermo.

Parte da qui la fotografia dell'Istat sulle abitudini "tecnologiche" del nostro Paese, immagine di un'Italia da un lato sempre più attrezzata sul fronte hi-tech, ma dall'altro ancora portatrice (in)sana di gap profondissimi.
Guardando invece alla popolazione nel suo complesso, quello che l'Istat definisce tv color, utilizzando senza dubbio una definizione démodé, svetta ancora nella classifica dei beni tecnologici più diffusi (96,3% delle famiglie), seguita da cellulare (91,6%), decoder per il digitale terrestre (67,1%), computer (58,8%), accesso a internet (54,5%), antenna parabolica (36,4%) e console per i videogiochi (21,1%), quest'utlima una delle poche voci a diminuire insieme con i lettori dvd, i videoregistratori e le videocamere (si veda la tabella qui a fianco).

Più computer per tutti, ma un'analisi più "sociologica" fa emergere un non del tutto scontato "classismo tecnologico": se si confronta la disponibilità di computer, accesso al web e banda larga, il divario tra i nuclei in cui il capofamiglia è un operaio e quelli in cui è un dirigente, un imprenditore o un libero professionista è di circa 24 punti percentuali a favore di questi ultimi. Detto in altre parole: se il papà è un manager il computer è presente nel 90% dei casi, quota che scivola al 66% se invece è un operaio. Eppure qualcosa non torna a livello economico, di capacità di spesa: il 41,7% delle famiglie dichiara di non andare in rete perché non ha le competenze per utilizzarlo e il 26,7% perché considera internet inutile e solo l'8,5% si astiene dal cyberspazio in quanto troppo costoso. Un problema culturale, quindi?

Gli italiani rimangono poi un popolo "sociale", almeno la metà digitalmente più attiva: nel 2011 quasi un internauta su due risulta iscritto a un social network (soprattutto Facebook, con oltre 21 milioni di account, mentre Twitter naviga sopra i 2 milioni, ma in crescita continua) e il rapporto è di tre su quattro per i più giovani.
Parlando invece di infrastrutture, come al solito l'Italia sfigura nella classifica europea di diffusione del web, banda larga inclusa. Secondo l'Istat, infatti, se la media comunitaria di diffusione della rete è del 73% il nostro Paese scende a quota 62% con Olanda, Lussemburgo, Svezia e Danimarca vicine alla saturazione della penetrazione del web. Ancora peggio se si parla di broadband: l'internet veloce in Italia registra un tasso di penetrazione del 52%, in fondo alla graduatoria e davanti solo a Grecia (45%), Bulgaria (40%) e Romania (23 per cento).

Dal punto di vista territoriale, rimane poi il divario tecnologico del Mezzogiorno. Le famiglie del Centro-Nord sono quelle meglio equipaggiate dal punto di vista tecnologico: qui il Pc è presente nel 61% delle case contro il 53% del Sud. Stesso discorso per accesso a internet (56% contro 48,6%) e soprattutto della banda larga, dove la differenza si accentua ancora di più con una diffusione nelle regioni settentrionali del broadband pari al 49% contro il 37,5% del Mezzogiorno. Curiosità: otto persone su dieci usano ancora il computer per spedire e ricevere la cara vecchia posta elettronica e oltre il 50% per leggere notizie e giornali online.

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