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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2012 alle ore 15:02.

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L'e-commerce è un turbo nel motore dell'economia, ma in Italia il garage in cui è parcheggiato questo bolide è ancora denso di fumo. Proprio mentre scriviamo "Radio Cina internazionale" parla di uno studio redatto dal Boston consulting group che ammonisce gli Stati Uniti, indicando che entro il 2015 le transazioni online fatte dai cinesi supereranno quelle fatte dagli americani (le cifre parlano di 315 miliardi di dollari fatti circolare sui web-circuiti di vendita).

Questo dato, più che un valore statistico, costituisce uno spunto di riflessione. Cosa manca in Europa per portare definitivamente a regime questo propulsore? Mancano soprattutto sicurezza e facilità d'uso. Un rapporto del secondo semestre del 2010, redatto dal Commissario europeo alla Concorrenza Joaquin Almunia, indicava che 7 transazioni online su 10 effettuate all'interno dell'eurozona non andavano a buon fine. Una percentuale enorme, che spinge l'Unione europea a comprenderne meglio i meccanismi e ad apportare gli opportuni correttivi.

Quello dell' e-commerce è un settore in espansione che può contribuire maggiormente, una volta colmate alcune lacune, a fare crescere l'economia. Le somme del 2011 (dati registrati a fine novembre) sono incoraggianti e vedono un incremento, in Italia, del 15,5% delle transazioni online rispetto al 2010 con acquisti di beni e servizi pari a 7,3 miliardi di euro, in gran parte sborsati per prodotti hi-tech, viaggi e capi di vestiario.

Kroes, Barnier e Dalli (Commissari europei all'agenda digitale, al mercato interno e ai consumatori) stanno affrontando il problema proprio in queste ore a Bruxelles, con l'intento di moltiplicare per due il volume degli acquisti online entro il 2015. Sul tavolo la creazione di una Single european payment area, un ambiente in cui le transazioni online possano essere semplificate e rese più sicure, introducendo un diritto di recesso da parte dell'acquirente entro 14 giorni e un obbligo, per il fornitore, di rifondere il cliente entro un periodo pure fissato in ragione di due settimane. I fornitori online dovranno presentarsi in modo più trasparente, pubblicando ogni recapito necessario alla clientela per entrare in contatto con loro e le spedizioni dei beni ordinati dovranno avvenire entro 30 giorni dall'acquisto, pena la rescissione del contratto. C'è una mossa inattesa, per gli ordini superiori ai 40 euro l'Ue intende legiferare affinché sia il venditore ad accollarsi i costi di spedizione, vera e propria tegola che spesso annienta il vantaggio economico dell'e-commerce.

La sicurezza verrà anche garantita da connessioni più veloci (il digital divide è un altro piatto forte con cui la Ue sta imbandendo gli euro-tavoli) e da una maggiore condivisione di informazioni contro frodi e abusi telematici. Allo studio c'è un ombudsman (sul quale ancora si sa poco, ma probabilmente a livello europeo) per meglio aiutare gli acquirenti a risolvere contenziosi con i fornitori online. Questa eventualità, utile alla spinta dell'e-commerce, vedrà però la luce nella migliore delle ipostesi durante il prossimo anno solare.

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