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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2012 alle ore 19:03.

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Dopo 17 anni, l'avventura ai vertici di Yahoo! di uno dei protagonisti degli anni splendenti della net economy è finita. Jerry Yang, che della casa di Sunnyvale è stato co-founder (con David Filo, era il 1995) e Ceo (dal giugno 2007 al gennaio 2009), è stato anche il manager che si oppose alla scalata tentata da Microsoft a inizio 2008, quando il numero uno di Redmond Steve Ballmer mise sul piatto dell'offerta circa 45 miliardi di dollari per portarsi a casa tutti gli asset della compagnia.

La fiera e infruttuosa (opposizione per molti fu marcatamente una questione di orgoglio personale) opposizione dell'allora 40enne manager di origine taiwanese bloccò – nonostante le forti pressioni di parte del board e di influenti azionisti – quella che si prospettava essere la fusione più grande della storia dell'industria tecnologica. Microsoft e Yahoo!, con Yang in posizione di regista occulto dell'operazione, trovarono comunque modo di sancire un accordo strategico nell'ambito dei servizi di search che non ha interrotto (oggi Bing, il motore di Redmond, ha oltretutto sopravanzato quello di Yahoo! ed è il vero rivale di Google) la parabola discendente della Internet company californiana.

Dopo il crollo degli utili e i tagli al personale – 2.500 dipendenti nel biennio 2008-2009 - anche con il cambio in corsa che ha portato (a inizio 2010) l'ex numero uno di Autodesk Carol Bartz sulla poltrona di Ceo l'inerzia non è cambiata. Anzi. La compagnia è stata al centro dell'attenzione più per i rumors relativi alla sua possibile cessione anche sottoforma di spezzatino – molti i pretendenti in lista, a cominciare dalla partecipata cinese Alibaba per finire con molti nomi noti nel panorama delle private equity – che per il lancio di nuovi servizi o per risultati finanziari particolarmente positivi.

La storia recente di Yahoo!, la cui vacante posizione di Ceo è stata assegnata solo due settimane fa, è stata quanto mai turbolenta e ieri è stata scritta una pagina sicuramente importante. Yang ha abbandonato ogni carica all'interno della società (comprese le sussidiarie Yahoo! Japan e Alibaba Group Holding) e del Consiglio di amministrazione. "È il momento per me – ha detto in una nota - di perseguire altri interessi. Il mio tempo in Yahoo!, dalla fondazione ad oggi, ha riguardato alcune delle esperienze più emozionanti e gratificanti della mia vita. Comunque, è per me venuto il tempo di perseguire altri interessi fuori da Yahoo. Mentre lascio la compagnia sono entusiasta per l'abilità di Scott Thompson come Ceo, assieme al suo team al completo, per il modo in cui guiderà Yahoo in futuro".

Alla notizia dell'addio, certo non inaspettata, Wall Street ha reagito bene, registrando un immediato rimbalzo del valore delle azioni sui listini nell'ordine del 4%, rialzo che continua anche oggi. Yang, a cui molti attribuiscono di fatto anche il licenziamento forzato della Bartz dello scorso settembre, rimarrà comunque un'azionista importante di Yahoo! (ha il 3,6% delle azioni) anche senza alcuna responsabilità operativa.

Ma perché è importante la dipartita del co-founder, che solo qualche mese fa era dato molto attivo per trovare partner finanziari in grado di supportarlo nella riconquista del vertice della società? Innanzitutto perché, come scrivono alcuni addetti ai lavori americani, viene meno un ostacolo "scomodo" per un'ulteriore sostanziale ristrutturazione della società. Yang, al di là delle mielose dichiarazioni di circostanza del Presidente del Board Roy Bostock, avrebbe dovuto lasciare la compagnia anni fa, quando – e torniamo al crocevia della storia di Yahoo! – rifiutò i 31 dollari per azione (che costituivano un premio del 50% rispetto al loro valore in Borsa in quel momento) che Microsoft offrì per accaparrarsi tutti gli asset.

Il nuovo Ceo è quindi atteso al varco dal mercato e dalla comunità finanziaria per prendere quelle decisioni che la Bartz non ha saputo (perché impedita a farlo) prendere. Scelte funzionali agli azionisti e non emozionali a cominciare da quella necessaria per uscire in bello stile – e con profitto – dalle attività asiatiche. La volontà di rimanere indipendente a tutti i costi, con l'addio di Yang, è venuta meno e Thompson ha sicuramente più mano libera per vendere asset miliardari e impostare finalmente una strategia di rilancio di senso compiuto. Che poi Yahoo! possa anche solo ipotizzare di scalfire l'egemonia di Google nei servizi online e tornare anche solo parzialmente ai fasti di un tempo è tutt'altro che qualcosa di scontato.

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