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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2012 alle ore 12:20.

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È il collocamento azionario dei record. L'initial public offering di Facebook, il re dei social network, non è ancora una realtà: la documentazione alla Sec potrebbe essere presentata non prima di questa notte. Né l'iniziale presentazione formale risolverà tutti gli interrogativi: dovrebbe rimanere, ad esempio, la suspence su quale Borsa – se il Nyse o il Nasdaq – sarà la prescelta.

Ma il mercato ha già molte certezze: alle cifre che ormai circolano l'Ipo sarà la sesta di tutti i tempi negli Stati Uniti, rastrellando almeno 5 miliardi di dollari, in un'operazione che vede come capofila del collocamento Morgan Stanley.
Sarà oltre tre volte le dimensioni dello sbarco della precedente stella hi-tech, Google, che finora guida la classifica dei collocamenti tecnologici (Apple ai suoi tempi ne raccolse una frazione). Soprattutto promette di entrare, fin dal debutto, in uno dei club più esclusivi di Wall Street: quello delle società con capitalizzazione di mercato da cento miliardi di dollari, in tutto soltanto venticinque. Le attese sulla market cap – tra i 75 e i cento miliardi, con lo sguardo puntato a superare rapidamente la soglia "massima" – se rispettate assicureranno a Facebook un posto d'onore nella Corporate America quotata, volteggiando sopra storici marchi dei mass media quali Disney e News Corp (70 e 47 miliardi rispettivamente). ome di rinati colossi manifatturieri del calibro di General Motors (38 miliardi).

La società figurerebbe in primo piano anche quando confrontata con i più stimati (anche quando si tratta di calcoli finanziari) leader nuovi e meno nuovi di Silicon Valley e dintorni: il gruppo che ha reinventato il commercio elettronico, Amazon, è fermo a 87 miliardi. Doppiati o più che doppiati sarebbero Dell (30 miliardi) e Hewlett-Packard (54 miliardi) nonché il gruppo di aste online eBay (40 miliardi). Facebook potrebbe anche duellare da subito con il colosso delle infrastrutture tecnologica Cisco (105 miliardi) e avvicinarsi alla Oracle di Larry Ellison (142 miliardi).
Anche se rimarrebbe - almeno per ora - alle spalle delle cosiddette "megacap" (i gruppi con oltre 200 miliardi di market cap) quali Microsoft, con un capitalizzazione di Borsa da 287 miliardi o Ibm con i suoi 221 miliardi. E naturalmente Apple, che con 423 miliardi guarda dall'alto tutte le società tecnologiche e quasi tutte le imprese quotate del mondo, impegnata da mesi com'è in una testa a testa per la prima posizione assoluta in questa speciale classifica con la compagnia petrolifera Exxon Mobil (che ieri ha annunciato oltre 41 miliardi di dollari di profitti per l'anno 2011, con un rialzo del 35 per cento rispetto all'anno precedente). Rimarrebbe, Facebook, anche dietro a Google, che vanta 187 miliardi di dollari.

Qualche nervosismo, tuttavia, non è assente. Il social network creato da Mark Zuckerberg non dovrebbe faticare a dominare l'intera stagione dei collocamenti della nuova generazione di società di Internet, quei social media che hanno visto gli investitori corteggiati da nomi quali LinkedIn, Groupon e Zynga.
Proprio le alterne fortune sul mercato di questi immediati predecessori invitano a qualche cautela. Zynga, leader dei giochi online, è sbarcato a dieci dollari per azione e resta inchiodato attorno a simili livelli. Anche uno titoli più brillanti, quello di LinkedIn con la sua rete di servizi per i professionisti, si è impennato da 45 dollari al collocamento fino a circa cento dollari, aiutato dalle piccole dimensioni del pacchetto di titoli allora offerto, ma è poi tornato parzialmente sui suoi passi, attorno ai 70 dollari.

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