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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2012 alle ore 08:22.

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L'automazione casalinga, che abitualmente si definisce con il termine "domotica", è un campo in cui l'Italia eccelle, sia per qualità della produzione sia per numero di dispositivi installati. Tuttavia, per mantenere questo primato, è necessario affrontare tempestivamente la nuova rivoluzione in arrivo che va sotto il nome di "Internet of Things". Un convegno della scuola di management del Politecnico di Milano ha presentato il primo anno di attività di un Osservatorio che tiene sotto controllo tutti gli ambiti dell'Internet delle cose: la gestione della città (Smart City), della distribuzione di energia (Smart Energy) e, argomento di cui ci occuperemo più in dettaglio qui, delle abitazioni e degli edifici (Smart Home e Smart Building).
Quando parliamo di "Internet delle cose" intendiamo un mondo popolato di oggetti "intelligenti" in grado di scambiarsi informazioni e reagire in modo opportuno agli eventi anche senza intervento diretto dell'uomo. Per essere considerato "smart", un oggetto tecnologico deve possedere caratteristiche che lo rendano in qualche modo "autocosciente". Deve essere identificabile in modo univoco; possedere sensori per percepire l'ambiente circostante; essere in grado di memorizzare, elaborare e trasmettere dati; e talvolta anche di agire sull'ambiente mediante attuatori. Perché poi si possa parlare di "Internet of Things" in maniera compiuta occorre anche che tali oggetti siano immersi in una rete altrettanto intelligente; il cui ruolo cioè non sia passivo, ma sulla quale possano girare applicazioni in grado di coordinare tutte le informazioni fornite.
Nell'ambito della Smart Home, questo si concretizza in varie tematiche. La più classica è quella della gestione degli scenari, in cui con pochi clic l'utente è in grado di modificare globalmente tutti i parametri relativi all'illuminazione, alla climatizzazione e all'accessibilità della casa, nonché la distribuzione di contenuti multimediali nei vari ambienti. C'è poi il tema della sicurezza, con il controllo di fughe di gas, incendi o allagamenti. E l'importantissima area dell'energy management, che attualmente si concretizza soprattutto nel monitoraggio dei consumi, ma che in futuro potrà assumere forme più sofisticate, quali l'automazione dei cicli degli elettrodomestici e del riscaldamento anche in funzione delle esigenze della rete elettrica, per consentire il massimo del risparmio. Infine, un aspetto oggi ancora embrionale ma che potrà realizzarsi in futuro è quello dell'assistenza alla persona: anziani e disabili potranno vivere con maggiore autonomia, dato che la casa potrà esercitare su di loro una sorveglianza non invasiva e intervenire o dare l'allarme nel caso di comportamenti che possono causare incidenti o implicare l'insorgere di patologie come, per esempio, un infarto.
Cosa è necessario perché si concretizzi l'"Internet of Things"? Gli operatori fanno notare che, dal punto di vista hardware, non è lontana: una lavatrice di oggi, per esempio, è in pratica già un computer, e non serve un grande sforzo per metterla in grado di scambiare dati con l'ambiente circostante. Occorre solo creare l'ecosistema in cui questo possa avvenire.
La parola chiave è interoperabilità. Oggi esistono già sistemi di automazione casalinga molto sofisticati, ma caratterizzati da una totale verticalità. È necessario invece che tutti gli oggetti tecnologici possano collaborare tra loro in modo sinergico, rendendo più flessibile ed economica la creazione di applicazioni. Con questo non si intende la creazione di uno standard hardware unico, che sarebbe molto difficile da realizzare e finirebbe per "ingessare" una tecnologia che deve invece potersi sviluppare liberamente. Sono però necessari protocolli che, viaggiando su interfacce diverse, consentano a dispositivi di produttori diversi di scambiarsi le informazioni. A questo proposito sono già in atto iniziative quali la Zigbee Alliance, per la definizione di profili applicativi comuni a tutti i dispositivi che collaborano a un servizio, e la Ipso Alliance, che si occupa di rendere utilizzabile lo standard oggi usato da Internet, il Tcp-Ipv6, anche nelle comunicazioni tra dispositivi fisici. In Italia c'è il consorzio pubblico/privato Home Lab a occuparsi della ricerca di standard di interoperabilità per la Smart Home.
Nel nostro Paese esistono già molti esempi di Smart Home, alcuni consolidati, altri ancora embrionali. Perché l'Internet delle cose possa svilupparsi, occorre però anche cambiare la percezione del pubblico, che vede ancora queste tecnologie come qualcosa di monolitico, costoso e difficile da usare, mentre, se applicate nel modo corretto, sono modulari, accessibili quanto uno smartphone, e permettono risparmi considerevoli.
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