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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2012 alle ore 18:03.

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Che il binomio personal computing – videogiochi sia imprescindibile è cosa nota, e lo è anche soprattutto per Timoty Schafer, l'ex video game designer della LucasArts divenuto famoso anche grazie a titoli quali "The secret of Monkey Island" e che, nel 2000, ha fondato la Double Fine Production, società di sviluppo di software ludici.

Sua l'idea di approdare su Kickstarter, piattaforma di crowd funding tra le più famose al mondo, alla ricerca di 400mila dollari per ridare splendore ai giochi stile "point and click" che, oltre a fare la fortuna dell'ex dipendente LucasArts, hanno collezionato milioni di fan.

Progetto condiviso appieno dal fitto popolo di appassionati del genere, perché il denaro necessario è stato raccolto in 8 ore ("You people are amazing!" ha detto Schafer al raggiungimento dell'obiettivo) e ad oggi, ovvero un mese e una settimana dall'inizio della raccolta di fondi, sono stati incassati 3,3milioni di dollari.

Un successo tanto inatteso quando indicativo. Entusiasti i cinguettii dall'account Kickstarter: «Double Fine Adventure è il più grande progetto nella storia della piattaforma» terminato con $ 3,336,371 e 87,142 sostenitori. Il messaggio intrinseco è chiaro: c'è ancora grande spazio e voglia di retro games in un mondo, quello dei contenuti ludici, in cui tutti gli sviluppatori puntano a mettere a dura prova i pc più carrozzati e si registra, nel settore, un ampio spettro di possibilità anche per gli sviluppatori indipendenti, quelli che non possono competere con le software house più famose, capaci di investire ingenti capitali sia nello sviluppo sia nel battage pubblicitario.

Non va dimenticato il grande potenziale del crowd funding, il cui raggio di azione appare almeno sulla carta senza limiti. Tra i progetti finanziati emergono sia Diaspora – del quale si è molto discusso durante i mesi passati - sia "Tous mecenes" (tutti mecenati) con cui il Louvre ha trovato il milione di euro necessari per acquistare "Le tre grazie" di Cranach da un collezionista privato. Vi sono anche aziende italiane attive nel settore, che denunciano però la latitanza di richieste "in-house", ricevendo per lo più domande dall'estero.

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