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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2012 alle ore 08:22.
«Tutti i siti e-commerce italiani stanno testando o almeno considerando i social network come nuovo canale per raggiungere i clienti», dice Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico. È questa la nuova frontiera di sviluppo, «ma a oggi i social network sono usati ancora in modo superficiale dalle aziende e-commerce italiane», replica Riccardo Mangiaracina, ricercatore del Politecnico di Milano. «Negli Usa siamo agli inizi del fenomeno, che però crescerà senz'altro», aggiunge Krista Garcia, analista di eMarketer. Le tre opinioni tracciano i confini della questione: la strada da fare per sfruttare i social media in chiave e-commerce è ancora lunga, ma l'inizio è promettente. «Gli americani compreranno prodotti tramite social network per 3 miliardi di dollari quest'anno, contro 1 miliardo del 2011 e 14 miliardi previsti per il 2015», dice Garcia, citando stime di Booz & Company.
Il problema principale in Italia è che «le aziende non integrano ancora i social network con l'e-commerce: utilizzano soprattutto Facebook, meno Twitter e, da poco, Pinterest; ma quasi solo come vetrina che si aggancia al sito di e-commerce e per fare supporto ai clienti dopo l'acquisto – dice Mangiaracina –. La sola eccezione è Privalia: su Facebook permette di accedere in anteprima ad alcune vendite. Questo crea un circolo virtuoso che rafforza community e quindi il business».
La pratica di fare offerte esclusive è considerata, da eMarketer, tra quelle da imitare e adottate dalle avanguardie (americane) del social commerce: Startbuck's, Best Buy, il sito-negozio di Lady Gaga, Asos (vestiti), Victoria's Secret. Altre buone pratiche: possibilità di provare il prodotto su Facebook ("tryvertising"), raccomandazioni regalo (consigliare prodotti all'utente in base ai suoi interessi e stimolarlo a mostrare ai propri amici del network quanto ha acquistato). Eventi: costruire una campagna social attorno a un evento e così portare utenti sul proprio sito e-commerce.
«Un'altra buona idea è coinvolgere gli utenti con progetti che richiedano la loro interazione. Giochi, per esempio: se vendi vestiti, puoi chiedere loro di suggerire il look migliore per un personaggio – dice Mangiaracina –. La presenza sui social è un costo, sottovalutato: un paio di persone dell'azienda devono comunque seguire la discussione. Sono risorse sprecate se poi il social non è integrato con il proprio e-commerce – avverte quindi Mangiaracina –. Tra l'altro, solo grazie a un'integrazione delle vendite è possibile misurare il fatturato aggiuntivo ottenuto grazie ai social network».
Liscia però è ottimista: «Nascono e crescono le piattaforme che sposano e-commerce e social: gli italiani Blomming, Youmpa, Ulaola.com. Entro fine mese arriverà da noi l'inglese Ejero.com e sarà una rivoluzione». L'utente compra su uno dei siti affiliati a Ejero.com e poi può suggerire lo stesso prodotto ad amici del proprio network. Se così genera un altro acquisto, i due utenti (chi fa e chi riceve il suggerimento) ricevono una somma di denaro (proporzionale al valore del prodotto). È un'alternativa alla pubblicità tradizionale: il negozio concede uno sconto per ottenere una vendita in più tramite spontanee raccomandazioni social, veicolate da Ejero.com.
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