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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2012 alle ore 08:17.

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di Luca Tremolada
La città dei media digitali, dei social network, dei telefonini che si connettono, delle mappe interattive. Quella invisibile che prende forma negli schermi dei device mobili. E poi le strade, polvere, inquinamento, auto e semafori. Come una Matrioska, i sotterranei del vivere collettivo sono l'esplorazione del presente. «È una vecchia storia - commenta Francesco Casetti, professore di cinema e media all'Università di Yale -. I media hanno cambiato il paesaggio delle nostre abitudini, ma anche l'ecologia del sistema. Il salotto ha fatto spazio prima al grammofono poi al televisore. Le città con la modernità si sono strutturate per aprirsi all'ingresso delle merci. Nel corso del Novecento i media operavano in spazi semi-pubblici come ad esempio il cinema, e privati come televisione e radio. Dalla fine del XX secolo, i mezzi di comunicazione hanno ampliato la loro portata senza più distinguere tra spazi pubblici e privati. Ma per la prima volta i media digitali stanno trasformando non solo i rapporti dentro la città ma anche le funzioni. Improvvisamente il link tra centro e periferia non è più quello di una volta».
L'Italia vista dagli schermi di un computer è una comunità di interazioni che si geolocalizzano su una mappa. Bolle dentro a cui si concentrano persone e storie. Che hanno uno spazio e nuovi riti. «I confini geografici raccontano sempre meno i riti e le esperienze delle collettività», osserva Casetti che giovedì alla Triennale di Milano introdurrà una due giorni di convegno dal titolo «Media/City: nuovi spazi, nuova estetica». Concetti come centro/periferia o interno/esterno perdono gran parte del loro significato. Anche il senso dello spazio ne risulta sovvertito: "qui" e "là" confluiscono in nuove combinazioni, e il "dove siamo" diventa contingente e condizionale.
«Tuttavia - sottolinea - non è vero che i nuovi dispositivi aboliscono il senso del territorio. La geografia virtuale si mescola a quella fisica, non non si sovrappone». Anzi, i designer delle città dovrebbero proprio prevedere queste sovrapposizione creando spazi adeguati.
I parchi connessi via wi-fi, l'esperienza degli Starbucks così come l'esperienza di social network come Foursquare hanno determinato in questi anni non luoghi collettivi anarchici. I media garantiscono il flusso delle informazioni e al tempo stesso si collocano all'interno dello spazio urbano. Contribuiscono alla circolazione dei messaggi, e al contempo garantiscono la localizzazione del fluire di informazioni. Sotto questo profilo, i media appaiono come antenne capaci di catturare elettricità nell'atmosfera e di scaricarla in un punto preciso. Dagli schermi tv dei centri commerciali ai monitor nei locali dei servizi di sorveglianza, dagli smartphone fino ai megaschermi come quelli in Federation Square a Melbourne o in Times Square a New York.

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