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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2012 alle ore 17:59.

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Da Sequoia a Blue Gene passando per SuperMUC e Fermi: nomi ai confini della fantascienza (eccetto ovviamente il primo e l'ultimo) che agli addetti ai lavori sono però ben noti. Parliamo infatti dei computer più potenti del mondo, delle macchine adibite alle sessioni di calcolo a livelli di petaflops, degli armadi con migliaia di processori nel motore capaci di processare miliardi e miliardi di operazioni in pochissimi secondi. Un settore dove quest'anno anche l'Italia si è ritagliata un posto di prestigio con il super cervellone installato al Cineca, il Consorzio interuniversitario italiano per il supercalcolo.

Il Blue Gene/Q ribattezzato Fermi, sviluppato e prodotto da IBM per il centro scientifico italiano, è infatti al settimo posto assoluto della Top500 annunciata nel corso della International Supercomputing Conference (ISC12) di Amburgo.

Classifica che vede primeggiare Sequoia, macchina da prestazioni monstre costruita dal gigante di Armonk e in attività presso la National Nuclear Security Administration americana. Il supercomputer più veloce del mondo è un sistema Blue Gene/Q (con identico cuore tecnologico di quello in servizio al Cineca) a 96 rack ed è dedicato al programma AdvancedSimulation and Computing per la gestione della riserva di armi nucleari statunitense (progetto a cui partecipa anche il Los Alamos National Laboratorye Sandia National Laboratory). La velocità esibita da Sequoia è la seguente: 16,32 petaflops, e un petaflop equivale a un quadrilione di operazioni a virgola mobile al secondo (in altri termini la capacità che possono garantire congiuntamente circa 35mila personal computer).

Con Sequoia vanno sul podio anche (nell'ordine) il "K Computer" di Fujitsu, macchina dotata di 705mila cervelli di processore Sparc64 e capace di 10.51 Petaflops ed installata presso il Riken Advanced Institute for Computational Science di Kobe in Giappone, e un altro esemplare di BlueGene/Q, Mira, in funzione con i suoi 786mila core e una velocità di 8.15 petaflops presso l'Argonne National Laboratory dell'Illinois.

Al quarto posto dalla Top500 c'è la prima firma europea , e precisamente il SuperMUC del Leibniz Supercomputing Center di Garching, in Germania, finanziato congiuntamente dal governo federale tedesco e dallo stato federato della Baviera. Un sistema estremamente compatto - costruito con server IBM System x che mettono a disposizione nel complesso oltre150mila cervelli di elaborazione e una capacità di circa tre petaflops - la cui peculiarità è anche quella di essere raffreddato ad acqua calda e di conseguenza di poter esibire (a detta di Big blue) un consumo energetico inferiore del 40% rispetto a una macchina equiparabile.

A cosa serve cotanta capacità di calcolo? Nel caso del SuperMUC, che verrà inaugurato ufficialmente il mese prossimo, la risposta è un insieme di attività di ricerca che vanno dalla simulazione del flusso sanguigno dietro una valvola cardiaca artificiale all'ideazione di aerei più silenziosi, dalla geofisica a sistemi di visualizzazione virtuali a cinque dimensioni per visualizzare insiemi di dati astronomici o legati alla medicina. A beneficiarne direttamente le università di Monaco e per l'Accademia Bavarese delle Scienze e delle Lettere.

La new entry del Cineca, invece, si deve al progetto edificato sulla base di un sistema Blue Gene/Q composto da un totale di oltre 163mila core di processore PowerA2 (capaci di sviluppare una prestazione di picco di di 2,1 Petaflops) e raffreddato all'interno del data center dell'istituto bolognese con un sistema misto ad acqua ed aria. Anche Fermi, come il supercomputer tedesco, costituirà un asset strategico del progetto europeo Prace (Partnership for Advanced Computing in Europe) e porterà in dote uno dei più bassi livelli di Pue, acronimo di Power Usage Effectiveness, l'indice che il livello di efficienza energetica di un data center. Che nel caso del supercomputer italiano è nell'ordine di 1.15.

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