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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2012 alle ore 08:19.

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Insomma, se di certo è importante riconoscere e valorizzare il talento, è altrettanto fondamentale che tutti partecipino alla costruzione di un ecosistema in cui esso possa prosperare. La buona notizia è che almeno secondo Horowitt, intervistato a Roma a margine di un convegno organizzato da Telecom Italia - Working Capital, «l'Italia ha gli ingredienti giusti» per ricreare le condizioni della Silicon Valley. Perché ciò sia possibile sono però necessarie «policy governative più smart, una pubblica amministrazione più dinamica e capitali che sappiano prendersi dei rischi ed essere "pazienti" così da tenere in movimento il sistema», sostiene Horowitt.
E poi serve fiducia. Quando questa diventa il collante che tiene insieme il sistema, allora è possibile ridefinire il contratto sociale in modo che somigli a quello, virtuoso, condiviso in Silicon Valley dagli stakeholder: «L'accordo è semplice – spiega Horowitt – noi diciamo ai giovani di talento che daremo loro servizi, li assisteremo e guideremo senza costi. Se poi ciò che facciamo ha un valore per loro, allora ci aspettiamo che rispettino i loro impegni e che, a tempo e luogo, restituiscano qualcosa al sistema sotto forma di tempo, esperienza, idee, contatti. Tutto si basa sulla fiducia nel fatto che ognuno faccia la sua parte. Se questi accordi diventano parte di un contratto sociale condiviso ed esplicito, allora le persone iniziano a comportarsi diversamente, si abbassano i costi di transazione, aumenta la velocità del sistema». E nasce una nuova Silicon Valley.
Resta da vedere se l'Italia sia pronta per un simile cambio di prospettiva: «Complice forse la paura determinata dalla crisi economica – racconta Horowitt – durante la mia permanenza qui ho registrato una diffusa propensione al cambiamento. E con esso, anche la promettente volontà di tentare qualcosa di diverso, peraltro rafforzata dalla consapevolezza che il modo in cui si è agito fino a ora non era probabilmente il migliore».
Cosa ancora più importante, Horowitt afferma di aver incontrato a tutti i livelli «talenti determinati a impegnarsi in prima persona per fare tutto ciò che sia necessario fare». Anzi, per facilitare loro il compito, il venture capitalist elenca alcuni errori ricorrenti che sarebbe meglio evitare: «I giovani imprenditori – spiega – non devono trascurare mai di chiedersi chi siano i loro potenziali clienti e i loro competitor».
Per quanto riguarda le istituzioni, queste «sbagliano nel non coinvolgere a sufficienza il settore privato, spesso non comprendono quale sia il vero ruolo di ciascun attore e, ultimo ma non meno importante, tendono a pensare che l'innovazione riguardi soprattutto le infrastrutture, mentre invece ha a che fare in tutto e per tutto le persone».
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come la foresta pluviale
La Silicon Valley incarna uno stile di vita e un modello di business, definisce l'ecosistema in cui proliferano startup tecnologiche e talenti visionari.  È possibile definire un modello replicabile altrove? Di questo e altro tratta «The Rainforest. The secret to building the next Silicon Valley», libro scritto da  Victor W. Hwang e Greg Horowitt dove si ricorre alla metafora della foresta pluviale per rivelare il segreto di un luogo divenuto leggenda.

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