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Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2012 alle ore 08:20.

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Se ormai quasi ogni singolo computer è collegato in qualche modo a una rete, l'eccezione più grande sono proprio le macchine più potenti: gli high performance computer a elevatissima potenza di calcolo, usati per la ricerca scientifica e i calcoli ingegneristici, che di solito sono rinchiusi in centri di ricerca o industrie private e accessibili solo da tecnici autorizzati. Questa tendenza sta però cambiando, dato che mettere in rete i supercomputer garantisce un migliore sfruttamento delle risorse, e fornisce anche un canale di autofinanziamento per questi costosi macchinari.
All'avanguardia in questa direzione ci sono l'Università di Cambridge e l'Imperial College di Londra, che hanno di recente unificato le proprie risorse di calcolo in un'unica infrastruttura di rete battezzata Core. Il risultato è un sistema la cui potenza ne fa il primo supercomputer in Gran Bretagna e il 93º al mondo.
Core è composto da processori Intel per un numero complessivo di 22mila core (in gran parte Intel Sandy Bridge da 2,60 GHz), cui si aggiunge un grosso cluster di Gpu nVidia, la cui potenza collettiva è di 300 teraflop (300mila miliardi di operazioni al secondo). Il tutto affiancato da un file system ad alta efficienza della capacità di più di tre petabyte (3*1.015 byte).
Tutta questa potenza di calcolo è già accessibile via rete, a pagamento, a chi ne fa richiesta. A Core è stato infatti esteso il sistema "pay per use" in vigore già da sei anni per le risorse di calcolo dell'Università di Cambridge. Aziende o centri di ricerca esterni possono noleggiare l'uso del sistema, con pacchetti che includono anche l'assistenza della squadra che gestisce il centro di calcolo da un decennio, assistenza che per sistemi di questo tipo è necessaria, a differenza di quanto accade con le macchine virtuali offerte da provider come Amazon o Google.
Per invogliare i clienti, le due università offrono anche un pacchetto di 10mila ore/core gratuite con incluso un giorno di assistenza, che consentiranno agli incerti di sperimentare i benefici dell'uso di un computer di questa potenza.
Come ha spiegato alla stampa il direttore dell'infrastruttura, Paul Calleja, i fondi raccolti serviranno a un ammodernamento del sistema in termini di efficienza energetica. Molti dei processori, infatti, sono inseriti in strutture antiquate in cui metà dell'energia consumata viene impiegata per il raffreddamento invece che per il funzionamento effettivo.
Con questo sistema, le università riusciranno ad ammodernare i loro sistemi e a ridurre le spese di esercizio, condividendo allo stesso tempo preziose risorse di calcolo. (m.pa.)
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