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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2012 alle ore 18:26.

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Martin FleischmannMartin Fleischmann

Quale eredità ci lascia Martin Fleischmann, lo scopritore della fusione fredda? Da quel 23 marzo del 1989, è forse possibile fare un bilancio a freddo di quella scoperta che mise in subbuglio la comunità scientifica internazionale.

Ne danno conto le numerose conferenze internazionali che di fusione fredda e più in generale di Low Energy nuclear reactions ( Lenr) o Condensed Matter Nuclear Science ( Cmns) come vengono più correttamente chiamate-, si sono susseguite da quel giorno per fare luce sul tanto discusso fenomeno. Ancora oggi la Nasa e la Defense Intelligence Agency negli Stati Uniti, la Toyota e il Miti in Giappone, Israele, Russia nonché alcune università e istituti di ricerca nazionali come l'Infn continuano a cimentarsi nei più importanti laboratori del mondo per capire e valutare le conseguenze e le possibili applicazioni di quella scoperta. Segno evidente che non si trattava di una truffa come molti allora vollero etichettare quella scoperta.

Quello che emerge da tutti questi esperimenti è comunque un eccesso di calore, cioè un guadagno netto tra l'energia consumata e quella prodotta. Il punto è che questa quantità non è ancora esattamente quantificabile ed ugualmente riproducibile in un protocollo collaudato e condiviso. I risultati conseguiti in questi anni, pur difficili da inserire in uno schema definitivo, dimostrano l'esistenza di fenomeni difficilmente spiegabili con le teorie accreditate. Da un lato la fusione fredda, che oggi quasi tutti danno per scontata, ma che non dà garanzie di applicazioni sostenibili ed economicamente utili; dall'altro le Lenr o Cmns dove invece le ricerche proseguono e dove l'impiego più recente di componenti con struttura di nanoparticelle rendono l'esperimento più affidabile e utilizzabile per possibili applicazioni industriali.

Ma facciamo un passo indietro. Quando nel marzo del 1989, insieme al collega Stanley Pons, Fleischmann annunciò in una memorabile conferenza stampa a Salt Lake City di avere realizzato la fusione nucleare praticamente a temperatura ambiente con una semplice provetta, si creò immediatamente sconcerto e grande interesse. L'esperimento era infatti in netto contrasto con tutta la letteratura consolidata che prevede per la fusione nucleare condizioni di temperatura e pressione simili a quelle presenti sul sole e nelle stelle: milioni di gradi! Non solo ma poteva mettere a rischio tutti quegli esperimenti che con spese di miliardi di dollari cercavano di mettere a punto nei più prestigiosi centri di ricerca del mondo e con potenti macchine le condizioni per realizzare la fusione termonucleare controllata.

I due scienziati confermarono che alla fine dell'esperimento si riscontrava un eccesso di energia termica: in buona sostanza, a causa appunto di reazioni molto simili a una reazione di fusione nucleare che avveniva all'interno dell'elettrodo di palladio, si produceva più energia di quella consumata. L'annuncio risvegliò immediatamente la speranza di poter disporre finalmente di energia pulita, rinnovabile e a buon mercato. L'esperimento dei due chimici infatti necessitava solo di una soluzione di acqua pesante – o acqua deuterata in cui invece dell'idrogeno è presente il suo isotopo deuterio- un filo di platino e uno di palladio. Costo, poche migliaia di dollari! Speranza che durò solo alcune settimane. Infatti allorché nei laboratori di tutto il mondo scienziati e ricercatori tentarono di ripetere l'esperimento, fu la delusione a prendere il sopravvento.

I risultati non c'erano o erano frammentari e sporadici; insomma la prova era scarsamente riproducibile e ciò contrastava con i canoni del metodo scientifico che conferma la validità di un esperimento solo se questo può essere ripetuto con risultati analoghi in qualunque parte del mondo. Inoltre mancava una teoria di riferimento valida e condivisa capace di spiegare il fenomeno. Così, in breve tempo la fusione fredda venne etichettata come scienza spazzatura e relegata nel limbo delle truffe; i due scienziati accusati di frode e di incompetenza. Dopo alcuni tentennamenti i principali media di tutto il mondo condannarono definitivamente l'esperimento e i suoi autori. Di particolare virulenza fu la campagna condotta da Repubblica a firma di Giovanni Maria Pace che nell'ottobre del 1991 accusò i due chimici americani di truffa.

I due scienziati citarono quindi il quotidiano italiano; citazione alla quale aderirono anche tre noti fisici italiani, Preparata, Bressani e Del Giudice che stavano proprio in quel periodo lavorando sulla fusione fredda cercando anche di elaborare una teoria interpretativa per spiegarne il funzionamento. Condannati in prima istanza con una speditezza inusuale per la giustizia italiana, i cinque vennero definitivamente assolti nel 2001 con una motivazione che ribaltava completamente il giudizio di primo grado. Imperturbabile e sicuro del fatto suo, Fleischmann continuò a lavorare sulla sua scoperta, non solo, ma in molti laboratori del mondo gli esperimenti su questo strano e intrigante fenomeno, e su tutta quella serie di ricerche che vanno sotto il nome di reazioni della materia condensata Lenr - Low Energy nuclear reactions- sono continuati e non certo di nascosto sempre con l'obiettivo preciso di arrivare ad applicazioni industriali.

A questo proposito più recentemente hanno fatto scalpore le affermazioni di un ingegnere italiano che ritiene di poter a breve produrre un piccolo reattore capace di fornire energia basandosi appunto sul tanto discusso fenomeno. Anche se sono in molti a nutrire perplessità su queste possibili applicazioni resta il fatto che, se le Lenr e la fusione fredda sono ancora oggi oggetto di discussione e di indagine, di critiche ed entusiasmi, qualche motivo ci deve pur essere.

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