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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2012 alle ore 08:18.

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Nelle bellissime immagini di Nicholas Kahn e Richard Selesnick, i due artisti cui la Nasa ha commissionato un reportage fotografico immaginario sulla vita su Marte (http://www.thehourglasssea.com/index.php?mars=photographs), le costruzioni sul pianeta rosso sono enormi sfere o forme geometriche fatte della stessa pietra del suolo, e le sonde spaziali sono ricoperte da una specie di lattice, molto simile a quello che avvolge i corpi degli astronauti. Il gioco onirico dei due artisti americani, però, ha un contraltare assai concreto, e molto italiano: il lavoro che si sta facendo al dipartimento di Biofisica del Gsi Helmholtzzentrum fur Schwerionenforschung di Darmastadt, in Germania, coordinato da Marco Durante, fisico napoletano a capo della struttura dal 2008. Lì infatti vengono condotti esperimenti finalizzati a trovare materiali adatti a proteggere le persone e le cose che dovrebbero costituire stazioni orbitanti, ma anche vere e proprie postazioni fisse sul pianeta nei prossimi venti anni.
Spiega Chiara La Tessa, responsabile di Rossini (questo il nome dato al progetto europeo finanziato dall'Esa e condotto da Thales Alenia Space Italia in collaborazione appunto con il centro tedesco): «Sulla Terra abbiamo l'atmosfera e lo scudo magnetico che ci proteggono dai raggi cosmici. Ma nello spazio non è così, e l'esposizione a queste radiazioni è sempre stato uno degli ostacoli più difficili da superare, soprattutto nel caso di missioni molto lunghe. Per questo, se si vuole pensare di andare su Marte e restarvi, è fondamentale capire come proteggere i materiali e gli uomini da queste particelle». La questione è stata affrontata in tutte le missioni spaziali in cui era prevista la presenza umana, ma con la Luna o Marte è assai più complicata.
«Non si può pensare di portare dalla Terra le schermature necessarie, poiché i costi sarebbero proibitivi: dobbiamo cercare di realizzare là ciò che ci serve – chiarisce La Tessa –. Per fare ciò, stiamo studiando la composizione di materiali quali i cementi lunari e le sabbie marziane come la regolite, che possono presentare caratteristiche adatte». In sintesi, il centro di Darmstadt lavora su minerali che simulano quelli presenti su Marte e sulla Luna (chiamati appunto simulanti, acquistabili anche in internet, come fa Thales Alenia Space, con Orbitec (http://www.orbitec.com/store/simulant.html). I ricercatori li assemblano e li sottopongono a un bombardamento con un acceleratore unico in Europa, perché in grado di produrre particelle molto pesanti (a differenza del Cern, che ne genera di ultraleggere), simili a quelle cosmiche. Quindi vanno a verificare quali degli assortimenti garantisce la protezione ideale in una certa situazione.
«Ci sono due tipi di progetti – spiega ancora La Tessa –. I primi sono volti a ottenere schermi per strutture mobili come le sonde e le navicelle orbitanti, e non necessariamente devono fornire una protezione totale: è sufficiente che frammentino le particelle pesanti dei raggi cosmici, per esempio di ferro, in modo da generarne di più leggere e meno nocive. La seconda serie di esperimenti è invece finalizzata a trovare materiali che possano essere impiegati per schermare le strutture fisse quali le stazioni, quindi più potenti». I fisici del gruppo di Durante e La Tessa (una decina dei quali italiani) stanno definendo poi le caratteristiche compatibili con un assemblaggio degli schermi tutto automatizzato, da compiere in loco (cioè su Marte).
Quando il pianeta sarà dunque conquistato alla permanenza umana, il merito sarà, anche, di questo formidabile team di cervelli in fuga dall'Italia verso "pianeti" con un clima più amichevole per la scienza e l'eccellenza. E sarà anche dei fisici del Politecnico di Torino Sergio Benedetto e Guido Montorsi che, in un progetto in collaborazione con l'Esa e con il Nasa Jet Propulsion Laboratory (Jpl) di Pasadena (Usa), hanno inventato lo standard di comunicazione Ccsds (Consultative committee for space data system), che permette di ricevere i segnali inviati da Marte da Curiosity, la sonda che sta meravigliando il mondo con le sue immagini in diretta dal pianeta.
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