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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2012 alle ore 13:52.

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Ascoltandolo non si può fare a meno di pensare al film «Lo strano caso di Benjamin Button». Ma mentre il ringiovanimento progressivo del protagonista interpretato da Brad Pitt si svolge nell'arco di una vita, negli esperimenti di Sheng Ding il "miracolo" accade in soli due giorni: 48 ore e le cellule adulte tornano "bambine", senza modificarne il genoma.

Professore associato allo Scripps Research Institute di La Jolla, in California, Ding ha ultimato il Ph.D. solo 5 anni fa, eppure ha già realizzato quello che è il sogno di tutti i ricercatori e che si annuncia essere la svolta non solo nella ricerca e sviluppo sulle cellule staminali, ma della futura farmacologia. Ding ha infatti trovato il modo di ottenere staminali embrionali riprogrammando i fibroblasti (cellule della pelle), sostituendo con small molecules – sostanze chimiche di sintesi che ha chiamato pluripotin – 2 dei 4 geni scoperti dal giapponese Shinya Yamanaka.

Gli step fondamentali di questo settore – a dir poco rivoluzionario – cominciano infatti due anni fa, con la ricerca di Yamanaka, il quale è riuscito a riprogrammare un fibroblasto in una cellula simile a una staminale embrionale utilizzando come attivatori 4 geni specifici.
Lo straordinario risultato ha però un serio limite: i geni, che agiscono molto velocemente e poi per motivi ancora oscuri vengono spenti dalla cellula, restano comunque nel Dna. Le small molecules invece sono come un farmaco: agisce, ma poi viene metabolizzato e non modifica in maniera permanente il genoma. Ma anche questa via non è ottimale secondo lo stesso Ding, il quale è convinto che sia molto difficile mimare il ringiovanimento della cellula in maniera sintetica «perché in quanto chimiche le sostanze di sintesi non mimano la natura». Allora ha pensato, sfidando praticamente se stesso, di utilizzare le proteine che servono a costruire i geni del ringiovanimento cellulare.

«Siamo entusiasti di questo passo avanti nella creazione di cellule simil-embrionali, le cosiddette Ips (staminali pluripotenti indotte) senza l'ausilio di materiale genetico» ha detto Ding in occasione del convegno «Progress in stem cell biology and medical applications» organizzato a Stresa da Serono symposia international fondation e al quale hanno partecipato importanti esperti del settore, tra cui il premio Nobel 2007 Martin Evans, padre della ricerca sulle staminali embrionali (si veda l'articolo sotto).

«La riprogrammazione ha rivoluzionato la biologia e apre scenari inimmaginabili – commenta Elena Cattaneo, direttore del laboratorio sulle Cellule staminali e malattie degenerative dell'Università di Milano –. Pensavamo infatti che il Dna più plastico fosse quello della cellula primordiale; invece queste ricerche confermano che il nostro Dna è tutto riprogrammabile e ora la frontiera è capire in che modo una cellula specializzata torna indietro nel tempo». Il fatto è talmente incredibile che sono molti i laboratori che hanno deciso di lavorare su questo fronte anche perché dice a Cattaneo «per crederci devi vederlo coi tuoi occhi».

La riprogrammazione cellulare, comunque, concordano gli esperti non esclude la ricerca sulle embrionali. «Un conto è studiare l'embriognesi, e quindi la fisiologia, altro è studiare un artefatto, cioè le embrionali surrogate. In più, per capire quest'ultime è necessario un confronto» dice Ding. E sempre in tema di risultati e sfide aggiunge: «Tra 15 anni potremmo avere small molecules o farmaci per la rigenerazione delle cellule in vivo». In altri termini, se finora la ricerca sulle staminali è stata associata alla medicina rigenerativa, oggi la frontiera si allarga a nuove forme di terapie: il composto chimico "magico" che dà vita alle Ips potrebbe anche diventare il farmaco di domani.

francesca.cerati@ilsole24ore.com

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