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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2012 alle ore 08:16.

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Il piccolo, di un anno, passa dalle braccia della mamma a un lettino morbido dove può giocare, afferrando anelli che si illuminano, rotolando a gattonando verso luci colorate e suoni. Fino a sgranare gli occhi sulla parete frontale della "palestrina", uno schermo che gli proietta immagini soffuse, che cambiano con i suoi movimenti. Nel lettino sono nascosti sensori di movimento, e così nei giocattoli via via afferrati. Un medico specialista in terapie di riabilitazione neonatale sta leggendo a distanza i dati di manualità, di movimento e di postura del piccolo. E può modificare la sequenza degli esercizi, a misura delle sue risposte.
Sì, perché si tratta di un bellissimo bimbo, ma a rischio. È nato prematuro, come altri 30mila in Italia (su mezzo milione di nascite) e può sviluppare, se non curato in tempo, malformazioni cerebrali o psichiche. Che lo accompagneranno tutta la vita, a meno di non essere corrette nei primi due anni di vita, quando si forma, a rapidità prodigiosa e plastica, il suo cervello e la sua mente. Queste terapie riabilitative neonatali, alcune settimane di esercizi ripetuti con uno specialista, sono piuttosto costose. Pochi i centri di eccellenza, come la Stella Maris di Pisa, a cui arrivano famiglie da tutta Italia. Di qui il progetto "CareToy", avviato oltre due anni fa dalla Scuola S. Anna di Pisa (Istituto di biorobotica) con la fondazione Stella Maris, le Università di Lubiana (Slovenia) e di Amburgo (Germania), il Centro di neuroscienze riabilitative "Helen Elsass" (Danimarca), STMicroelectronics e MR&D.
Ingegneri robotici ed elettronici hanno collaborato con i medici e i neuroscienziati per lo sviluppo del primo prototipo definitivo dello strumento, la "palestrina" sensorializzata di gioco. «E il connesso protocollo di esercizi, che stiamo applicando ai moduli software per il sistema – spiega Francesca Cecchi, direttrice del progetto –. Poi, da aprile, sei palestrine saranno pronte: tre per la Stella Maris e tre in Danimarca. Contiamo di esercitare in un anno circa cento bambini di ambedue i Paesi. E alla fine di avere un buon campione di esperienze per valutare l'efficacia di questo approccio. Ed eventuali evoluzioni o modifiche».
I sette ricercatori della S. Anna, nell'Istituto di Pontedera fondato da Paolo Dario, sono ottimisti. «I giocattoli sensoriali (ne abbiamo messi a punto anche per captare i primi segnali di autismo) non sono ancora la soluzione alle patologie neonatali. Ma di sicuro una crescente frontiera per alleviarle e studiarle».
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