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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2012 alle ore 15:43.

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SAN FRANCISCO - È il terzo segreto peggio custodito di sempre da parte di Apple. Se davvero Tim Cook presenterà sul palco del centro convegni di San Jose, a poche miglia dal quartier generale di Cupertino della multinazionale americana, un iPad mini, sarà la conferma che il nuovo corso dell'azienda è profondamente differente rispetto a quando era guidato da Steve Jobs almeno in un senso: la capacità di tenere i segreti.

Steve Jobs aveva fatto della discrezione una delle sue armi comunicative fondamentali. Spaventato dall'"effetto Osborne", dal nome di uno dei pionieri dell'informatica di consumo fallito precocemente per la brutta abitudine di annunciare nuovi prodotti prima ancora che fossero pronti e quindi cannibalizzare le vendite di quelli ancora sugli scaffali dei negozi, Steve Jobs aveva fatto fin dagli esordi regola inflessibile quella di non parlare del futuro: né strategie né prodotti. Lo sapevano bene i giornalisti che nel tempo lo hanno intervistato, ai quali veniva spiegato che Jobs si sarebbe potuto anche innervosire e lasciare la sala se gli venivano chiesti dettagli sui piani del futuro, e lo sapevano ancora meglio i dipendenti che rischiavano letteralmente il licenziamento, nel caso si fossero lasciati sfuggire dettagli sul futuro dei prodotti Apple.

Eppure, al di là della leggenda di uno Steve Jobs spietato, il dipendente di Apple che perse l'iPhone 3G in un bar di Cupertino a poche settimane dalla sua presentazione non venne certo licenziato: scoppiò invece una causa civile e penale con un blog di informazione che aveva acquistato illegalmente l'apparecchio: secondo la legge americana un caso di ricettazione, poiché era chiaramente identificata la proprietà del telefono da parte di Apple. Una causa in cui l'ira di Steve Jobs era stata più volte mostrata in pubblico.

C'è sempre il rischio che si possa accedere alle informazioni in anteprima: succede quando si deposita ad esempio un telefono da omologare all'ente preposto negli Usa per questo, la FCC, oppure quando venne svelata per errore un giorno prima l'immagine del nuovo iMac con stile a lampada (prodotto nel 2002) perché Apple aveva concesso l'esclusiva con foto di copertina alla rivista americana Time la cui edizione australiana esce 20 ore prima di quella statunitense. Ma si trattava, appunto, di errori.

Invece, da quando è Tim Cook il Ceo di Apple, il "mulino delle indiscrezioni", come viene chiamato quel singolare insieme di voci di mercato e di casi di quasi-spionaggio industriale o di tentativo di indirizzare il mercato azionario che circonda da decenni Apple più di qualsiasi altra azienda nel settore dell'elettronica e dell'informatica di consumo, ha girato sempre più forte. Al punto che sono usciti allo scoperto anche alcuni personaggi che dall'Asia pubblicano su blog e siti locali immagini di "mock-up" e di prototipi funzionanti degli apparecchi di Apple giorni se non settimane prima che vengano annunciati al pubblico.

È successo con il nuovo iPad (la terza generazione del tablet di Apple) con l'iPhone 5 e adesso di nuovo con l'iPad mini. Se davvero verrà annunciato un apparecchio con tutte le caratteristiche previste dai soliti spioni, incluse le 24 variazioni di modello e relativi prezzi, una cosa è certa: questo con Steve Jobs non sarebbe mai stato tollerato per tre volte di fila.

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