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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2012 alle ore 16:00.

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(Corbis)(Corbis)

Riemergendo dalla bufera che ha travolto il suo sistema bancario proprio all'inizio della crisi finanziaria globale, l'Islanda sarà il primo Paese al mondo a dotarsi di una Costituzione nata in modo collaborativo, plasmata attraverso una consultazione che ha coinvolto i 300mila abitanti dell'isola mediante i social media. Non è quindi una sorpresa che la bozza della Carta fondamentale del Paese, discussa ed elaborata via Facebook e Twitter, sia stata approvata domenica con una maggioranza dei due terzi dei votanti. Adesso manca solo il sigillo finale del Parlamento di Reykjavik.

Alla luce della crisi finanziaria, gli islandesi avevano deciso di rimettere mano alla Costituzione del '44, plasmata al momento dell'indipendenza sul modello di quella della vecchia madrepatria danese, ritenuta ormai datata. Nel 2010 è stato eletto – con un voto contestato che ha messo in discussione l'intero processo di revisione – un Consiglio costituzionale formato da 25 cittadini che hanno comunque messo a punto i principi fondamentali. Sulla bozza, presentata al Parlamento nel luglio 2011, è stata quindi aperta – e qui sta la vera novità – una consultazione durata più di un anno attraverso i social media per raccogliere le opinioni dirette degli islandesi sul testo. Domenica scorsa ai cittadini sono state sottoposte con un referendum sei domande, la prima delle quali era proprio relativa all'uso della bozza come base da utilizzara da parte del Parlamento per la definizione della nuova Costituzione.

Per una volta internet è quindi stata utilizzata in chiave di democrazia partecipativa. Anche se il referendum e la consultazione precedente non è assolutamente vincolante, appare molto difficile che l'assemblea legislativa possa modificare in maniera sostanziale il testo e i principi messi a punto in maniera collaborativa. D'altra parte appare ardito che una democrazia rappresentativa si trasforma di colpo in diretta, sfruttando le potenzialità della rete. Già in Finlandia è utilizzato un sistema collaborativo simile per mettere a punto leggi in crowdsourcing, permettendo ai cittadini di fare in maniera semplice proposte di iniziativa parlamentare o commenti sulle leggi in discussione. L'ultima parola spetterà comunque al Parlamento, che però non potrà permettersi di ignorare il parere degli elettori. Non bisognerà attendere molto per vedere se l'assemblea legislativa prenderà sul serio il commento, dal momento che l'intero processo dovrà essere finalizzato entro le elezioni della primavera prossima.

Per l'Islanda la Costituzione 2.0 non è l'unica ricaduta "tecnologica" della crisi. Reykjavik si candida infatti a essere anche un "paradiso democratco" a disposizione di tutti i popoli che non godono della libertà di espressione. L'International Modern Media Institute islandese si candida infatti a essere una Wikileaks del libero pensiero per le opinioni degli oppressi dalle dittature di tutto il mondo: i loro siti saranno ospitati nei data center dell'isola, numerosi ma in parte inattivi.

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