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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2012 alle ore 15:57.

Due anni fa, il 17 dicembre, il tunisino Mohamed Bouazizi decide di darsi fuoco per protesta, dopo la confisca di frutta e verdura che vendeva senza licenza. Muore il 4 gennaio successivo. È la scintilla della primavera araba che per mesi attraversa Africa e Medio Oriente. E trova uno spazio di espressione sui social media con discussioni accessibili in tempo reale attraverso una connessione a internet. Di recente, Twitter ha varato una pagina in arabo adattata alla visualizzazione e all'uso da dispositivi mobili, per esempio i cellulari.
A tradurla è stato un gruppo di volontari che ha costruito una versione locale, come avviene anche in altre parti del mondo per il social network dei micropost più brevi di un sms, capace di attivare modalità di collaborazione in crowdsourcing.
Quella nei Paesi arabi è stata la diffusione più rapida nella storia di Twitter: secondo le stime della Dubai School of Government vengono inviati 5,7 milioni di tweet (messaggi) al giorno, circa il triplo rispetto al 2011. A segnare un'espansione è anche Facebook che ha raggiunto 45,2 milioni di utenti, con un incremento del 50% in un anno. E uno su tre è una donna. I display dei dispositivi mobili diventano un'area di conversazione con altri attraverso le reti sociali online.
Il Pew Research Center ricorda nel report Social networking popular across globe che l'87% della popolazione globale ha un cellulare, ma poco più di un quarto lo adopera per collegamenti a internet. Attraverso le videocamere degli smartphone le comunità di videomakers arabi raccontano in diretta cosa accade con applicazioni software come Bambuser e Socialcam.
Aumentano i progetti iniziati da volontari per tradurre e sottotitolare i filmati in modo da renderli accessibili online a un pubblico più ampio e in tempi brevi. Ha conquistato spazio la piattaforma Amara, sostenuta dalla Mozilla Foundation, per aggiungere testi alle immagini che scorrono sullo schermo: abilita la partecipazione di utenti che inseriscono le parole. Anche Ted punta ad allargare la platea nei Paesi arabi e da tre anni sperimenta l'Open Translation Project per i suoi video con 10mila volontari.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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