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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2013 alle ore 08:12.

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di Luca Tremolada
Quello attuale è un tempo dilatato. Gli istituti di ricerca (da Forrester a Gartner) da un paio di anni fanno copia e incolla con le loro previsioni, i mercati con tassi di crescita a doppia cifra sono sempre gli stessi, le parole sono drammaticamente sempre le stesse. Cloud computing, big data, reti mobili, green economy, internet delle cose sono le più note. Bio statistics, quantum computing, Dna hardware, smart technologies, nearshoring manufactoring le più immaginifiche (e in taluni casi fumose). Ma spesso le seconde rimandano alle prime. Insomma, a sfogliare il rapporto di Idc dal titolo «Competing on the 3rd Platform» sembra proprio che il 2013 concederà poco o nulla alla fantasia. Gli analisti dell'istituto di ricerca che ogni anno aggiornano le proprie previsioni sul mercato It (declinato in technology, business e industry) hanno racchiuso in un unica grande "scatola" concettuale applicazioni, reti mobili a banda larga, big data analytics, tecnologia sociali e servizi cloud. Il nuovo paradigma, per usare una espressioni anni Ottanta, nel 2020 quando l'industria delle tecnologie varrà (secondo loro) 5 miliardi di dollari (quasi due milioni in più di oggi) rappresenterà almeno l'80 per cento dell'industria delle tecnologie. Nella sostanza tra sette anni si configura un mondo nuovo, che si è lasciato alle spalle pc desktop, file e cartelle per lasciare campo a superfici piatte, applicazioni e cloud. Eppure, oggi solo il 22% della spesa It è indirizzata sulla nuvola. Big data continua a essere un must have e i pc da tavolo sono ben lontani dallo sparire dalle scrivanie aziendali. Verrebbe da pensare che i cicli tecnologici hanno preso fiato, il futuro ha smesso di essere un piano inclinato dove le accelerazioni scientifiche e informatiche producono nuove forme di prosperità economica impreviste e imprevedibili. La crisi europea, il debito americano, il rallentamento della crescita del Pil cinese non esauriscono il difetto di prospettiva ma aggiungono linee di sviluppo. Secondo Gina Westbrook, editorial director di Euromonitor International (www.euromonitor.com) l'impatto dei nuovi modelli di consumo indotti dalla crisi con le tecnologie di rete ha l'effetto di non fornire punti di riferimento al mercato. Per Gartner i ceo e i cio, ovvero gli amministratori delegati e i responsabili dei sistemi operativi dovranno per forza lavorare insieme nel business se vogliono davvero uscire dalla crisi e chi non lo farà rischierà di rimanere indietro (anche questa è una previsione che si legge ormai da alcuni anni). Per Idc il mercato mondiale It continuando a sfidare al legge di gravità con tassi di crescita doppi rispetto al Pil è destinato in ultima istanza a rendere sempre meno uniforme il mercato. Le opportunità ci sono basta crederci, è il loro mantra. Le risposte degli analisti però non convincono. Paradossalmente nel momento di maggior maturità tecnologica, alle aziende è venuto a mancare il senso di futuro. L'incertezza dei mercati sta mettendo in discussione le roadmap dei tecnologici accusate di non riuscire a guardare oltre la crisi.
Eppure, sono i pensatoi del futuro, che in questi anni non hanno smesso di disegnare mappe, a proporre un nuovo modello di agenda. L'Institute for the future (Iftf), il più visionario di questi centri di ricerca, ha però cambiato metodo. I suoi ricercatori sono convinti che per scoprire qualcosa nel futuro si deve tornare indietro nella storia per due volte la distanza che si vuole coprire con la previsione. Per quarant'anni hanno costruito mappe concettuali capaci di intercettare i segnali latenti di cambiamento, hanno descritto i patterns di flusso delle politiche economiche, calcolato le curve di sviluppo tecnologico per suggerire non futuri probabili ma fotografare le opportunità presenti. Oggi non si allontanano da quel metodo ma lo arricchiscono aggiungendo nuove variabili all'equazione, prima tra tutte non solo e non più i decision maker, i capi d'azienda, i politici ma le persone.
Allo stesso modo la Singularity University, nata (al Nasa Research Park, in Silicon Valley) nel 2008 a pochi mesi dal primo crack dei mercati finanziari americani si è data in quest'ultimo anno compiti più concreti. In Europa, nello specifico, ha costituito un network europeo di leader dell'innovazione, ha spiegato Salim Ismail, executive director dell'ateneo, ma si è dato come obiettivo di lungo termine quello di ripartire dalle persone, di formare prima delle grandi organizzazioni le persone. In quest'ultimi due anni il Media Lab del Mit come anche il progetto del FuturICT stanno tutti contribuendo ad aggiungere ai cicli delle tecnologie la componente sociale nella sua accezione più grande, l'individuo. Sulla lavagna una agenda nuova ha già cominciato a prendere forma.
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