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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2013 alle ore 08:12.
San Francisco, 16 dicembre 2002: Lawrence Lessing, docente della Stanford University, presenta i primi modelli di copyright "flessibile", ossia un nuovo modo di pensare i diritti d'autore per la rete permettendo così ad artisti, studiosi, giornalisti e istituzioni di "aprire" le loro opere mantenendo riservati solo alcuni diritti. Da allora il nome di Lessing è circolato in tutto il mondo e la rivoluzionaria idea ha attecchito in ogni Paese. A distanza di 10 anni i risultati sono evidenti, come spiega Federico Morando, nuovo lead di Creative Commons Italia: «Creative Commons ha dimostrato coi fatti che non a tutti gli autori serve o interessa mantenere "tutti i diritti riservati": molti sono felici di tenerne solo alcuni, contribuendo a creare straordinari "beni comuni creativi". Un esempio concreto sono i 245 milioni di foto in Creative Commons oggi disponibili su Flickr (di cui 167 milioni modificabili e 59 anche per scopi commerciali). E solo nel primo anno da quando ha offerto agli utenti la possibilità di caricare video in CC, anche YouTube ha raccolto quattro milioni di video liberamente riutilizzabili. E che dire dei 23 milioni di voci di Wikipedia, disponibili con la licenza Creative Commons» .
Ad annunciare la carica di Morando è stato Juan Carlos De Martin, fondatore nel 2003, insieme a Marco Ricolfi dell'Università di Torino, di Creative Commons Italia, proprio nella serata organizzata per celebrare il decennale dell'associazione no-profit nata dall'idea di Lessing. Creative Commons Italia è il gruppo di lavoro – coordinato dal Centro Nexa su Internet & Società del Politecnico di Torino – che rappresenta Creative Commons in Italia. E l'Italia è uno dei Paesi che fa maggior uso di Creative Commons: «A metà 2010 – spiega Morando – e senza considerare le piattaforme internazionali, si stimava che ci fossero più di 5,5 milioni di oggetti licenziati con le licenze CC italiane. Questi numeri ci pongono al terzo posto mondiale, preceduti solo da Usa e Spagna (che godono però di un chiaro vantaggio linguistico). Per altro, l'italiano è una delle lingue più rappresentate, con quasi un milione di voci, superato solo da inglese, tedesco e francese. Nel nostro Paese negli ultimi due anni sono stati raggiunti ottimi risultati anche tra gli enti pubblici: c'è stato un fiorire di portali per il rilascio delle informazioni pubbliche come open data, dagli apripista, come Regione Piemonte, passando per la Camera dei deputati, per arrivare sino a città come Firenze o Milano o enti come Istat». Intanto la World Conference on International Telecommunications tenutasi a dicembre a Dubai ha sollevato fondamentali questioni sulla Rete e il suo futuro. «La conferenza di Dubai ci ricorda che questo ecosistema è sempre al centro di delicati equilibri di potere ma CC in quanto organizzazione non si pone obiettivi di policy espliciti, salvo quelli di tutelare un ecosistema di diritto d'autore. Come CC Italia, per il futuro ci sono almeno tre obiettivi che ci stanno molto a cuore: nel brevissimo periodo, continuare a contribuire in modo determinante al processo per la scrittura delle licenze Creative Commons versione 4.0, che per la prima volta saranno probabilmente uguali per tutti i Paesi del mondo (per quanto tradotte), spostando nella fase di stesura il cuore del nostro contributo giuridico nazionale (ad esempio, su temi come il diritto sui generis sui database, che è una peculiarità europea). Nel medio periodo, collaborare con altre organizzazioni, a partire dagli amici di Wikimedia Italia e del progetto ShareYourKnowledge di lettera27, per far conoscere sempre meglio le licenze. Infine, tra gli obiettivi che spero non impossibili, c'è quello di rispolverare la bozza di mandato speciale Siae pensato per autori Creative Commons, sviluppata più di tre anni fa da un gruppo di lavoro congiunto Siae-CC Italia. Infine, una visione per il lungo periodo: tutti i risultati di cui ho parlato sono stati ottenuti in un contesto in cui una piccola parte dei creativi si prende la briga di condividere esplicitamente alcuni suoi diritti per il bene della società. Pensate a cosa si potrebbe fare se una licenza Creative Commons, ad esempio CC Attribuzione, diventasse la regola automatica del diritto d'autore, lasciando a chiunque la possibilità di avere "tutti i diritti riservati", ma solo essendo lui a chiederlo espressamente (come oggi si dichiara di associare una licenza CC ad un'opera). Questo rovesciamento dell'onere della scelta, da tutto automaticamente vietato a quasi tutto consentito previa attribuzione, trasformerebbe l'intera internet in un Creative Commons».
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Chi è
Federico Morando, nuovo lead di Creative Commons Italia, è managing director del Centro Nexa su Internet e Società del Politecnico di Torino. Già docente di diritto dei beni immateriali alla Bocconi, insegna al master in Proprietà Intellettuale, ed è inoltre membro dell'Open Data Team di Regione Piemonte. Ad annunciare la carica di Morando è stato Juan Carlos De Martin, fondatore nel 2003, insieme a Marco Ricolfi dell'Università di Torino, di Creative Commons Italia, proprio nella serata organizzata per celebrare il decennale dell'associazione no-profit nata dall'idea di Lessing.
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